Articolo di Antioco Fois pubblicato su Green & Blue inserto de la Repubblica
Le rivali Colacem e Barbetti spingono per alimentare il ciclo produttivo con il Css, il combustibile solido secondario composto da una frazione secca di rifiuti, da utilizzare in parziale sostituzione del coke di petrolio. Gli ambientalisti e il comune protestano: avremo più sostanze inquinanti e manca la valutazione di impatto ambientale. Ma Arpa Umbria è di parere opposto.
A Gubbio la paura ha la forma di due fumate che si allungano dalle ciminiere dei cementifici, all’ombra della rocca medievale. Ad agitare gli animi nel centro in provincia di Perugia sono i piani delle rivali Colacem e Barbetti, ora allineate nell’intento di alimentare il ciclo produttivo dei rispettivi stabilimenti con il Css, il combustibile solido secondario composto da una frazione secca di rifiuti, da utilizzare in parziale sostituzione del coke di petrolio. I due progetti paralleli depositati alla Regione Umbria valgono di fatto una candidatura per Gubbio a laboratorio nazionale del Css combustibile, viste le due richieste di autorizzazione che sommate arrivano a 100 mila tonnellate l’anno, a fronte delle quasi 7 mila che secondo Federbeton sono state bruciate nel 2019 in tutta Italia.
Una soluzione che equivale a “bruciare qualcosa che non si vuole chiamare rifiuti”, primo atto verso “l’incenerimento come chiusura del ciclo”, scrive Mariella Baldinelli, ex insegnante residente a Gubbio che, da cittadina, ha presentato le proprie osservazioni in Regione. Una posizione che riassume le preoccupazioni del comitato “No Css nelle cementerie di Gubbio”, che con altre associazioni ambientaliste presenterà a giorni le proprie valutazioni per chiedere che la Regione assoggetti i due progetti alla Valutazione di impatto ambientale (Via).
Le contestazioni andranno “dall’incremento delle sostanze inquinanti alla mancata valutazione dell’impatto combinato di due cementerie sul territorio”, anticipa Valeria Passeri, avvocato del Wwf, che annuncia l’adesione anche di Italia nostra. Sulla stessa linea Carlo Romagnoli e Giovanni Vantaggi, medici dell’Isde, che nelle loro osservazioni ai piani delle due cementerie prevedono “aumenti nelle emissioni di metalli pesanti (tra cui arsenico, mercurio, cromo e nickel), di composti organoclorurati, di ossidi di azoto”.
Una valutazione opposta a quella depositata dai due player del cemento, che nei due corposi studi ambientali parlano di una riduzione complessiva di 90mila tonnellate di CO2 l’anno per entrambi gli stabilimenti. “Trascurabili”, invece, gli impatti su ambiente e salute pubblica, a fronte di “effetti positivi” derivati dalla “riduzione dei consumi di combustibili di origine fossile”, si legge nell’incartamento presentato da Barbetti, in linea con quello della concorrente Colacem, entrambi firmati dalla società di consulenze Golder.
L’uso del composto elevato a combustibile dal decreto Clini del 2013 è, secondo le due aziende, una strada obbligata. In sostanza: “Ce lo chiede l’Europa” come condizione per rimanere sul mercato. “Moltissimi stabilimenti per la produzione di cemento in Europa utilizzano Css con una sostituzione calorica fino all’80%, rispetto al 20% ammesso in Italia. Si tratta di economia circolare, che permette una rilevante riduzione delle emissioni di CO2. Chi non si adegua viene penalizzato”, spiega Massimiliano Pambianco, direttore comunicazione di Colacem. La questione è duplice: da una parte il risparmio sulle quote CO2, i “titoli” per le emissioni di anidride carbonica, dall’altra la possibilità di accesso a “commesse sempre più osservanti della sostenibilità ambientale”, aggiunge Pambianco.
Il consiglio comunale ha espresso a giugno “in modo chiaro ed inequivocabile il no all’incenerimento del Css”, in una mozione votata anche dai tre consiglieri dipendenti Colacem, per “pretendere che il Comune di Gubbio venga direttamente coinvolto per essere parte attiva in tutti i passaggi” della vicenda. Un’espressione plastica della doppia anima della cittadina, che da una parte ha nel proprio stradario una via del Cemento, a celebrare un settore da 900 posti di lavoro controllato dalle dinastie Colaiacovo e Barbetti, e dall’altra la veste di perla medievale nel mezzo del Cuore verde d’Italia. La Città dei Ceri, che dà il tema al gonfalone della Regione e porta avanti un progetto di ecodistretto.
“Non vogliamo che Gubbio diventi la città dove si bruciano i rifiuti o il terminale per chiudere il ciclo di questa regione”, è la preoccupazione del sindaco Filippo Stirati. “Si tratta di istanze presentate per stare in linea con il contesto europeo”, commenta di rimando l’assessore all’Ambiente e vicepresidente della Regione, Roberto Morroni, che ci tiene a distinguere la questione Css a Gubbio con la partita del nuovo piano regionale dei rifiuti che si gioca sullo sfondo.
Intanto Arpa Umbria ha detto la sua alla Regione: il progetto di Colacem (primo ad essere stato presentato) non determina potenziali impatti ambientali “significativi e negativi” e quindi non sarà necessaria la Via. “Meno CO2: l’Europa ringrazia! E Gubbio?”, chiede la signora Mariella.
Articolo di Antioco Fois pubblicato su Green & Blue inserto de la Repubblica