Quando la smetteremo di essere più furbi che intelligenti?

articolo di Raniero Regni pubblicato su Centralmente, giugno 2021

articolo di Raniero Regni pubblicato su Centralmente, giugno 2021


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https://centralmente.com/2021/06/06/esempio-articolo-la-rivista-48/

In un vecchio, bel film di Magni, In nome del Papa re, un anziano monsignore avvocato, interpretato magistralmente da Nino Manfredi, replica in romanesco, con il cinismo dell’ancien regime, ad un giovane patriota rivoluzionario finito in carcere, che sostiene la forza delle idee nuove e della storia che stanno dalla parte della giustizia: “il mazzo lo famo noi, c’avemo tutti l’assi, e quando non ce l’avemo, baramo pure…hai perso”. Un caro amico avvocato mi ha suggerito di rivedere la scena del film per commentare quello che è successo con il Decreto semplificazioni appena comparso sulla Gazzetta ufficiale. Ecco che cosa è successo.

In Umbria, a Gubbio, è stata combattuta una giusta battaglia per ottenere la Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.) per i due cementifici e per un’impresa, La Maio Tech che tratta rifiuti pericolosi e non. La richiesta avanzata dalle due industrie Colacem e Barbetti, di utilizzare il Combustibile Solido Secondario derivato dai rifiuti da co-incenerire negli altiforni è stata rigettata, forse obtorto collo, dagli uffici competenti. Classificate come industrie “insalubri di prima classe” esse insistono sul territorio da più di mezzo secolo utilizzando da 18 anni il più inquinante dei combustibili, il pet coke, scarto della raffinazione del petrolio. Il servizio ambiente della regione Umbria ha obbligato le imprese a dimostrare che, passare ad un altro combustibile, sarà migliorativo sul piano sanitario e ambientale.

La richiesta che è stata presentata a Maggio dello scorso anno, camuffata da piano energetico, si era rivelata come un vero e proprio piano industriale capace di salvare industrie con una ridotta produzione di cemento. Inoltre essa era apparsa come una tessera di un più complesso piano regionale che prevedeva la creazione di impianti di produzione  di CSS in diverse città umbre ai quali destinare molti dei fondi del Recovery Plan. Tutto questo come se la verde Umbria, con i suoi poco più di ottocentomila abitanti, avesse un’emergenza rifiuti e con l’aggravante di farli passare come energia rinnovabile. l’Unione Europea al contrario non incentiverà più nessuna forma di chiusura del ciclo dei rifiuti con l’incenerimento e favorirà solamente forme virtuose di economia circolare che consistono nel produrne di meno, nel riciclare e riutilizzare il più possibile.

Ma la vicenda umbra diventa paradigmatica di una scellerata politica nazionale. C’era stato il tentativo in Umbria di far passare una legge regionale per facilitare l’iter autorizzativo sull’uso del CSS combustibile, con una semplice richiesta senza ulteriori controlli o valutazioni. Essendo stata bocciata a livello regionale, la norma è stata pari pari reinserita nel Decreto semplificazioni, fino al punto di poter individuare la mano dello stesso consulente, autore dell’operazione.

La Usl n.1 di Gubbio, il Comune e la Provincia di Perugia, e tanti altre istituzioni, associazioni e cittadini, avevano espresso parere contrario all’utilizzo del nuovo combustibile, ed erano riusciti ad ottenere la Valutazione di Impatto Ambientale, alla quale i due cementifici eugubini non erano mai stati sottoposti. In assenza di indagini epidemiologiche, di monitoraggi approfonditi sullo stato di salute delle matrici ambientali (aria, acqua. terra), in base al sacrosanto principio di precauzione, si voleva vedere chiaro prima di immettere altre fonti inquinanti, ulteriore minaccia per la salute dei cittadini.  

Il sospetto che la partita si sarebbe spostata dal livello regionale a quello nazionale, ovvero da Perugia a Roma si è però avverato. I comitati ambientalisti, il Comune e i cittadini non hanno fatto in tempo ad esultare per il successo appena ottenuto, tutt’altro che scontato, per capire subito dopo che il gioco era truccato e, contro le carte truccate, come diceva il personaggio del film citato, non è possibile vincere.

Il Ministero della Transizione ecologica, contraddicendo i principi stessi per cui è stato da poco istituito, approfittando del decreto semplificazioni ha sostanzialmente annullato la necessità dei procedimenti di VIA per quanto riguarda l’autorizzazione all’uso del CSS combustibile che può essere ottenuta dopo soli 45 giorni con una semplice richiesta.

Tutto è nato nel 2013 con il decreto Clini, l’allora Ministro dell’Ambiente (da poco condannato per corruzione) che ha consentito di trasformare, con un’operazione linguistica tutta italiana, il CDR (Combustibile Da Rifiuti) in CSS (Combustibile Solido Secondario). Grazie a questa anomalia tutta italiana, se il rifiuto diventa combustibile allora si può bruciare. Con un colpo magistrale, industrie obsolete si vedranno pagare per co-incenerire, potranno risparmiare sulle quote di inquinamento da CO2 come chiede loro l’Europa, i rifiuti diventano energia rinnovabile  e tutta questa operazione viene spacciata per verde.

La realtà, come ha osservato “Il Fatto quotidiano”, una delle poche testate nazionali a denunciare questa operazione miliardaria, è che le scelte sono pilotate dal “partito del cemento”, la semplificazione viene fatta a spese della salute e dell’ambiente, a favore delle ecomafie. Tutto ciò con la contraddittoria complicità del neonato Ministero della transizione ecologica. Di nuovo, come sempre, si approfitta in maniera furbesca, si depreda l’ambiente per il profitto a breve termine. Si espongono i cittadini ad un ulteriore inquinamento, nascondendo il tutto dietro l’ultimo e supremo imbroglio dell’etichetta green. Il nostro paese sta morendo per il fatto che, ad ogni livello, ci siano più furbi che intelligenti, i quali truccano il gioco, ignorando però che, così facendo, alla fine saremo tutti sconfitti.

Anche in questo caso è necessario riscoprire un limite, quello della differenza tra furbizia e intelligenza, ad ogni livello, da locale al globale, soprattutto quando si parla di ambiente e di salute. Il legame tra la dimensione ambientale e quella socio-economica è strettissimo, l’economia è contenuta all’interno della società e questa all’interno della natura, per cui dobbiamo sviluppare l’intelligenza del medio e lungo periodo contro la furbizia del profitto a breve termine. “Focalizzandosi sui ricavi nel breve periodo, il mondo delle imprese ignora la crescita di lungo termine del benessere socio-ecologico”, scrivono due esperti di sostenibilità globale. “Almeno a partire dalla rivoluzione industriale, ci siamo mossi come se le nostre azioni non avessero conseguenze. È un’idea folle…È per questo che crediamo serva un cambiamento della mentalità per riconnettere le persone con la natura, la società con la biosfera e il genere umano con la Terra”, scrivono gli autori di Grande mondo, piccolo pianeta, domandandosi alla fine: come fai a fare affari in un pianeta morto?

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