L’ESPRESSO: c’e’ un’ altra ILVA nel Salento

Sul cementificio COLACEM di Galatina L’ Espresso del 30 ottobre ’22 ha pubblicato una inchiesta  a firma di Pierfrancesco Albanese. Abbiamo pensato di riassumerlo per Voi. L’ originale e’ consultabile al sito de L’ Espresso (https://espresso.repubblica.it/plus/edicola/edicola.jsp), oppure acquistando il settimanale in edicola.

Una inchiesta della pretura di Lecce  ha preso avvio da un esposto di tredici associazioni, tra cui il Coordinamento Civico Ambiente e Salute, da una consulenza tecnica d’ufficio (CTU) ordinata dal TAR della Puglia, e da una indicazione dell’ Istituto Superiore di Sanita’ che ha  definito il comprensorio dei 15 comuni intorno a Galatina “area cluster per neoplasie polmonari”.

Sebbene il danno ambientale e sanitario sia noto da anni, “la gente non parla, per vergogna o per paura.” La paura si spiega: piu’ di un quarto delle famiglie ricava almeno parte del reddito dal cementificio. Evidentemente protestare presenta un rischio occupazionale. Ma la vergogna?  Forse il cancro e’ ancora un marchio di cui in famiglia si preferisce tacere, come di un parente disabile.  Non pero’ per la sociologa Alessandra Caragiuli: oltre a sua madre, morta a 60 anni di leucemia fulminante,  altri tre componenti del nucleo famigliare han sofferto di tumori alla vescica o all’ intestino. L’orto di famiglia dista meno di un chilometro dal cementificio.

L’Espresso scrive che cercare la pistola fumante, accertando oltre ogni ragionevole dubbio il nesso tra inquinamento e patologie, e’ difficile.  L’insufficienza di prove e’ l’assoluzione in ultima istanza degli inquinatori. Per dimostrare che i tumori sono conseguenza diretta del cementificio, e non di qualcos’altro, occorre eliminare l’ipotesi della coincidenza casuale. A quello scopo i comitati cittadini di Sesto Campano, Gubbio e Galatina, dove sono presenti tre cementifici Colacem, hanno prodotto congiuntamente un DOSSIER, presentato alla Commissione Ambiente della Camera negli ultimi mesi del governo Draghi. Il #Dossier mostra che in ognuno dei siti Colacem ha schivato indagini, analisi, valutazioni e permessi per decenni; per ciascuno dei siti associazioni mediche e istituzioni sanitarie hanno denunciato anomalie statistiche e segnali allarmanti. Infine, in ciascuno dei siti le autorita’ politiche e amministrative locali hanno tenuto per decenni comportamenti elusivi, quando non collusivi, volti a minimizzare allarmi e controlli.

I problemi di una industria intrinsecamente insalubre, quale il cemento, sono aggravati  dall’ impiego crescente di rifiuti come combustibile.  L’ impiego di rifiuti come combustibile e’ stato autorizzato senza ulteriori valutazioni da un decreto redatto nel luglio 2021 dall’allora ministro Cingolani. Poiche’ non si puo’ conoscere con certezza la composizione dei rifiuti,  il ricorso a controlli sistematici e  credibili delle emissioni diventa quantomai necessario. Il DOSSIER rivela, al contrario, come in ciascuno dei siti le analisi siano affidate a enti che dipendono finanziariamente da Colacem, secondo contratti non trasparenti e seguendo procedure edulcorate e del tutto discutibili.  Per esempio, a Gubbio le misure che “sforano” le specifiche vengono comunicate solo dopo 48 ore, “onde evitare il panico”. Il ricorso alla magistratura appare indispensabile.