Cemento e salute a Galatina Gubbio e Venafro

Sommario

A seguito degli allarmi degli scienziati sugli effetti che l’ inquinamento ha sul clima, l’ambiente e la salute umana, l’opinione pubblica e’ ormai attivamente interessata ai grandi problemi globali. Tuttavia, cittadini giovani e anziani spesso vivono letteralmente sulla loro pelle una crisi particolare: il cementificio, la discarica, l’industria insalubre, l’insufficienza di  monitoraggio e di prevenzione sanitaria, o  l’ assenza di un ambiente sociale e naturale sereno per la loro comunita’.

Mentre i grandi problemi si argomentano e dibattono apertamente, le crisi ambientali locali sono spesso menzionate sottovoce, a causa di un rassegnato e malinteso pudore, e della scarsissima attenzione dei media padronali.

Non molti sembrano collegare l’esperienza della propria crisi locale ai grandi problemi globali. Per arrivare a tale consapevolezza e’ necessario riconoscere che ogni grande problema e’ la somma di molte piccole emergenze locali.  Affrontare le emergenze locali apertamente, una per una, e’ la via piu’ diretta, molto spesso l’ unica,  per risolvere i grandi problemi.

L’industria del cemento costituisce un caso paradossale di questa sindrome: Per ogni tonnellata di cemento prodotta, un cementificio genera quasi una tonnellata di CO2. Di questa, circa meta’ e’ intrinseca  alla reazione chimica che trasfoma la calce in cemento. L’altra meta’ e’ emessa dai combstibili bruciati per provocare quella reazione. Inoltre, per risparmiare sull’ energia, i cementifici impiegano combustibili poveri, come il PetCoke (sottoprodotto del petrolio, che fino al 2002 era per legge un rifiuto tossico-nocivo) o i rifiuti indifferenziati, definiti dalla legge italiana CSS-combustibile. I combustibili poveri,  sono piu’ “sporchi”: contengono cioe’ sostanze inquinanti per l’ambiente e pericolose per la salute di chi vive nei pressi del cementificio. Ma la legge italiana ha classificato i rifiuti CSS una forma di energia rinnovabile. Pertanto, una cementeria in Italia  e’ motivata a bruciare rifiuti anche perche’ esclude dal proprio bilancio di emissione di gas serra la CO2 generata dai rifiuti CSS. In questo modo la cementeria puo’ vantare, ma solo sulla carta, un comportamento climatico virtuoso. Nella sezione CSS di questo articolo e’ riportato, a riprova,  un documento  della stessa Colacem.

Dunque i cementifici sono causa del ricaldamento globale, e contemporanamente provocano crisi ambientali loocali. Per mimetizzarsi confondono le carte sul loro impatto locale, e strombazzano il loro contributo (sula carta) alla mitigazione del problema globale. Colacem non fa eccezione: sul piano della riduzione della CO2 emessa  vanta risultati clamorosi, ma brucia rifiuti e continua ad opporsi alla introduzione di soluzioni alternative, come le proposte della Commissione Europea sul riuso degli imballaggi. Al fine di prolungare la vita dei propri impianti, che non sono stati progettati per il risparmio energetico e la  gestione dei rifiuti, promuove un modello obsoleto, agevolata in cio’ da ministri dell’ ambiente, rappresentanze industriali, ed enti preposti al controllo dell’ ambiente e alla tutela della salute pubblica.

L’azione dei comitati di Galatina Venafro e Gubbio e’ volta a mettere in evidenza che gli stessi comportamenti si ripropongono in ogni cementeria Colacem, che il problema globale e’ la somma delle crisi ambientali in ciascun luogo, e che quello puo’ essere risolto solo affrontando queste.

 

La qualita’ dell’ aria a Gubbio

 

Nel 2021 per 170.000 EURO il Comune di Gubbio ha commissionato a due ricercatrici del CNR e della Sapienza uno studio sulla qualita’ del’aria. Alla fine di maggio 2023 e’ stata presentata la relazione conclusiva.[1]

Nelle Considerazioni Generali, a pag 14 della relazione, è scritto: Per valutare le variazioni di concentrazione del materiale particellare ed il contributo delle diverse sorgenti è infine necessario, come per tutti gli inquinanti atmosferici, considerare il grado di rimescolamento della parte dell’atmosfera più vicina al suolo (strato limite), dove le specie inquinanti vengono emesse. A seconda delle condizioni meteorologiche, infatti, gli inquinanti emessi possono accumularsi negli strati più bassi dell’atmosfera oppure essere diluiti in uno strato molto più ampio, con ovvie conseguenze sulla loro concentrazione misurata a livello del suolo. La valutazione dei parametri meteorologici, ed in particolare del rimescolamento atmosferico, è quindi utile per differenziare le variazioni nella concentrazione degli inquinanti che dipendono da variazioni nell’intensità delle emissioni e quelle che dipendono, invece, da variazioni nelle capacità di accumulo in atmosfera.

Nonostante quella considerazione, la ricerca pubblicata non presenta alcuna valutazione di dati climatici o meteorologici, come ad esempio una rosa dei venti, indispensabile per capire l’influenza di intensità e direzione dei venti prevalenti o delle precipitazioni o dell’umidità in specifici periodi temporali o in specifiche zone. Il territorio eugubino presenta una notevole complessità orografica dovuta alla particolare distribuzione dei rilievi montuosi, e una analisi delle ricadute di inquinanti non puo’ prescinderne.

Inoltre, dalla relazione non è chiaro perché siano esclusi i processi di combustione del comparto industriale, dato che dal registro delle emissioni in atmosfera di ARPA Umbria emergono specifiche emissioni di metalli pesanti e IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici) , che potrebbero essere traccianti di sorgente. [2]

Riguardo al particolato di origine secondaria, a granulometria più fine, si fa riferimento ad un background e ad ipotetiche sorgenti fuori dal territorio: polveri del Sahara e perfino i fuochi d’artificio di capodanno! (pagg 23 e 69 della relazione). Ma di fatto non e’ stato misurato.

Dall’inventario delle emissioni sono evidenti le elevate emissioni di ossidi di azoto(NOx) ed, in minor misura, di quelle di ossidi zolfo (SOx) dal settore di combustione industriale, per le quali è fondamentale precisare, sia per l’ambiente che per la salute, il contributo alla formazione di particolato secondario. [3]

Nella relazione si fa riferimento ai limiti per le PM10 ancora in vigore in Italia. Ci si sarebbe aspettati che un’istituzione come il Consiglio Nazionale della Ricerca recepisse la raccomandazione UE del 26 ottobre 2022, che ha adottato le soglie stabilite dall’OMS riducendo i limiti annuali delle PM10 da 20 mcg/mc a 15 mcg/mc anno.

La ricerca del CNR/Sapienza non ha tenuto conto degli studi precedenti riguardanti la presenza di metalli pesanti  nel biomonitoraggio finanziato dalla provincia per il lungo periodo: 2001/2004 su api e licheni che quello più recente (2021) sui licheni (Università di Palermo Prof.sa Ravera) in cui si è rilevato un bioaccumulo di Tallio (Tl) da moderato a severo, definito un tracciante delle attività cementifere.

Avendo riportato nella relazione la presenza di  tracce nelle PM10, di metalli pesanti ed altri inquinanti a dosi a 0,X  ci si sarebbe aspettato che si dichiarasse che quelle pur piccolissime quantità ne indicano comunque la presenza e che con il passare del tempo: giorni, mesi, anni quello 0,X tende a divenire altre quantità per il conseguente bioaccumulo nelle matrici biologiche e nel suolo.

Nella relazione il riscaldamento domestico e’ indicato come causa maggiore del Particolato (PM10). Cio’ contraddice quanto pubblicato dall’ARPA nel 2015, nell’inventario regionale delle emissioni in atmosfera nel comune di Gubbio: il riscaldamento domestico è responsabile della emissione di 49,64 ton/anno di Nox, rispetto alle 2626,70 ton/anno dalle combustioni industriali. [4]

 

 

 

L’ intervista

 

In occasione della presentazione dello studio sono stati  intervistati a piu’ riprese il direttore generale di Colacem, Ingegner Fabrizo Pedetta, e la dottoressa Silvia Canepari.  Alcune delle affermazioni contenute nelle interviste di Pedetti e Canepari meritano un commento.

Per esempio, l’Ingegner Pedetta ha detto[5]: Non esiste alcuna correlazione diretta tra la nostra attività ed eventuali problemi sanitari.

Quella affermazione categorica nasconde  una grossolana generalizzazione. Ci saremmo aspettati che l’Ingegnere dicesse:  Un singolo studio del CNR che ha accuratamente misurato un solo particolare inquinante atmosferico (le PM10 ovvero particolato di diametro di 10 micrometri) non ha riscontrato la provenienza industriale di quell’ inquinante.

Per cautela, la Dottoressa Canepari, [6]  ha accennato che sarebbe utile misurare non solo le polveri sottili  ma anche alcuni gas. Infatti, numerose altre sostanze sono tipiche dei processi di grande combustione, come ad esempio gli Idrocarburi Policiclici Aromatici, i Solventi Organici Volatili, gli ossidi di azoto, estendendo le misure alle deposizioni a medio termine di altri composti tossici e cancerogeni, quali Diossine, PoliCloroBiFenili e metalli pesanti, tutte sostanze che, secondo quanto dimostrato da numerose ricerche scientifiche, sono associate alla combustione di materiali derivati da rifiuti.

Anche limitandosi alle particelle, quelle piu’ dannose per la salute umana non sono le PM 10 bensi’ le piu’ piccole PM 2,5 e le nanoparticelle. Ebbene, e’ noto che quelle di diametro inferiore a 10 micrometri sfuggono, o sono trattenute solo parzialmente dai sistemi di filtraggio e che, purtroppo, per le complicanze sulla salute sono quelle che creano più problemi.

Gia’ nel 2015 ARPA-Umbria riportò dati dimostranti che l’inquinamento dell’aria a Gubbio era provocato per l’87,6% dal riscaldamento domestico e solo per il 3,8% dai processi produttivi. Però nel documento si evidenziava un dato discordante molto evidente; come si e’ detto sopra,  gli NOx prodotti dal riscaldamento domestico erano 50 ton/anno mentre quelli prodotti dalle attività produttive erano: 2.626 ton/anno. [7]  Quali spiegazioni sono possibili, dato che la quantità di NOx e’ direttamente correlata alla quantità di combustibili bruciati?

Tuttavia, nel corso della intervista al TRG,  la dottoressa Canepari ha anche sostenuto, senza citare dati, che  l’aria che si respira a Gubbio e’ buona. Ormai le attivita’ industriali utilizzano tecnologie tali che rendono assolutamente tranquilla la convivenza dei cittadini con le attivita’ produttive.[8]  Un po’ come mettere il rossetto a un maiale.

Nella stessa intervista, la ricercatrice ha poi ammesso: Sono 20 anni che collaboriamo con ARPA. Quasi tutti gli studi li abbiamo condotti in collaborazione con loro. Insieme al CNR abbiamo fatto anche degli studi per Colacem.

Quelle affermazioni non si possono ignorare. L’Ingegnere e la Ricercatrice conoscono sia il conflitto di interesse che  il principio di precauzione, e sanno bene che l’assenza di una prova non equivale a una prova di assenza.

 

 

Una pioggia di asterischi

 

L’ Ingegner Pedetta ha poi aggiunto: Le rilevazioni di Arpa sono chiare e disponibili a tutti

 Richiesta, in altra occasione,  di un chiarimento circa l’opacita’ e i ritardi nella pubblicazione di dati, ARPA Umbria ha risposto [9] spiegando che i valori di emissione dei contaminanti sono comunicati al pubblico  solo quando sono sotto soglia, nei periodi di normale funzionamento degli impianti. Quando , per via di guasti o di funzionamento non “a regime” i valori misurati sono superiori alle soglie definite dalla normativa italiana, essi non compaiono nelle tabelle ARPA e sono sostituiti da un asterisco(*), in modo da non allarmare il pubblico.  In pratica, i valori fuori norma sono censurati.

Quanto alla tempestivita’, alla pagina Dati delle emissioni dei cementifici,  dal sito Arpa Umbria Qualità dell’aria [10], si legge: Dati del monitoraggio in continuo delle emissioni effettuato dai gestori degli impianti, secondo quanto previsto dall’Autorizzazione Integrata Ambientale, e trasmessi quotidianamente ad Arpa Umbria. I dati raccolti nei giorni di venerdì, sabato e domenica vengono trasmessi all’Agenzia il lunedì. Il sistema permette di visualizzare i dati degli ultimi 400 giorni: i dati precedenti possono essere richiesti tramite la procedura di accesso agli atti [11] 

Quindi se vogliamo leggere i dati relativi alle due cementerie Barbetti e Colacem ci troviamo davanti questa situazione:  il lunedì Arpa pubblica i dati di venerdì e sabato, lasciando via la domenica. E’ ovvio che di lunedì non pubblica neanche i dati del lunedì, che verranno pubblicati sul sito non il giorno dopo, ma addirittura il mercoledì, ben due giorni dopo. Per conoscere i dati di domenica dobbiamo aspettare il martedì, e così via, va da sé che abbiamo costantemente un ritardo di due giorni tra le emissioni e la loro pubblicazione.

Dunque non ci sono MAI dati in tempo reale, sul sito troviamo pubblicati solo i dati di due giorni prima. Se lo scopo di raccogliere e pubblicare dati è informare il pubblico al fine di mitigare le conseguenze di possibili incidenti, Arpa è sistematicamente in ritardo di almeno 48 ore, e censura le anomalie: le sole informazioni veramente utili ai cittadini.

Eppure, secondo l’ingegner Pedetta, l’impatto della nostra presenza è costantemente e puntualmente verificato dalle attività degli enti preposti al controllo.[12]

 

 

Venafro e il TAR Molise

 

Fortunatamente, in altre regioni alcune istituzioni continuano a funzionare a dovere, dimostrando che, dove i dati si racolgono, le correlazioni tra fonti di emisione ed emergenza sanitaria sono innegabili . Ecco una breve cronologia a ritroso di azioni legate al cementifici COLACEM di Venafro, nel Molise:

 30 maggio 2023:

Il Tar Molise,  con la sentenza n. 175/2023, accogliendo il  ricorso proposto il 28.03.2019 dalle Associazioni “Mamme per la salute e l’ambiente ODV” di Venafro e “WWF OA Molise”,  ha annullato il  P.R.I.A.M.O. (Piano Regionale Integrato sulla qualità dell’aria del Molise), relativamente all’area di superamento individuata nel territorio del Comune di Venafro. la Regione Molise “dovrà integrare il Piano dotandolo delle misure necessarie ad agire con efficacia sulle principali sorgenti di emissione aventi influenza sulla detta area.”

15 maggio 2023:

sul sito della regione Molise viene pubblicata la relazione finale dello studio sulla QUALITÀ DELL’ARIA NELLA PIANA DI VENAFRO di dicembre 2022, redatta da ISPRA, ARPA Emilia Romagna e Arpa Molise, che analizza i dati diponibili dal 2010 al 2019  Nello studio si legge tra l’ altro si sono riscontrate delle evidenti lacune conoscitive e informative rispetto ai consumi specifici di combustibili (…) che non consentono un’attribuzione accurata delle stime emissive e del contributo relativo delle varie sorgenti (…).Appare indispensabile sanare tali carenze.  Per altri inquinanti ancora viene rilevato che … il comune di Sesto Campano (dove è localizzata la Colacem) e’  quello dove si registra il più alto valore regionale delle emissioni di SO2, cadmio, arsenico e nichel …

Pur in considerazione delle incertezze presenti in tali stime, il quadro emissivo risulta abbastanza delineato. Per tutto il periodo considerato (2010-2019) più di 3/4 del totale delle emissioni di NOX è attribuibile al cementificio mentre il resto viene prevalentemente dal trasporto su strada. 

Per le emissioni primarie di PM10 il cementificio risulta responsabile del 65% del totale seguito dal riscaldamento (15%), dagli incendi forestali (8%), dal trasporto (5%) e dalle altre fonti emissive.

Per quanto riguarda l’ammoniaca il settore che contribuisce maggiormente risulta l’agricoltura (70%) seguito dal cementificio (26%), mentre per il CO le principali fonti emissive sono il cementificio (34%), il riscaldamento (31%) e gli incendi forestali (28%).”

Luglio 2022:

Viene reso pubblico lo studio  di coorte residenziale retrospettivo EPIVenafro+7, Istituto di Fisiologia Clinica del CNR, Pisa (IFC-CNR) – Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del CNR, Lecce (ISAC-CNR). Lo studio …ha messo in evidenza eccessi di rischio di mortalità/ospedalizzazione per tutte le cause, in particolare per le malattie del sistema circolatorio tra i soggetti in classe 3 e per alcuni sottogruppi delle malattie cardiovascolari tra quelli più esposti, anche se di debole entità. Per quanto riguarda, invece, l’esposizione a PM2,5 (inquinante che si riferisce a tutte le altre fonti emissive del territorio) si evidenziano eccessi significativi di mortalità/ospedalizzazione per le malattie cardiovascolari in entrambi i sessi e per le malattie del sistema nervoso tra i soli uomini, eccessi di mortalità per le malattie respiratorie tra i soli uomini e per il tumore della mammella tra le sole donne, anche se quest’ultimo è riportato a solo scopo descrittivo.

La situazione dell’area venafrana è talmente grave da risultare palese anche sulla base dei dati ambientali già disponibili e resi pubblici dal sito della stessa Regione Molise.

 

Nel 2019, l’ Associazione Mamme Salute Ambiente ODV – Venafro unitamente con WWF Molise aveva impugnato il Piano Regionale per la Qualità dell’Aria molisano (PRIAMO). La sentenza del TAR, pur dopo 4 anni, ha dato loro ragione.

 

Oscuramento di dati e registro tumori : l’epidemia di casi di cancro

 

Secondo l’Istituto Superiore di Sanità:[13] La pandemia ha determinato, nel 2020, un calo delle nuove diagnosi, legato in parte all’interruzione degli screening oncologici e al rallentamento delle attività diagnostiche, ma oggi si assiste a una vera e propria epidemia di casi di cancro.

Istituito nel 1993 presso l’Osservatorio epidemiologico della Regione dell’Umbria e dato in gestione al Dipartimento di Igiene, dell’Università degli studi di Perugia [14] il Registro tumori di popolazione dell’Umbria (Rtpu) ha raccolto dati fino al 2016 sotto il coordinamento di Fabrizio Stracci, docente universitario e direttore della Scuola di specializzazione in igiene e medicina preventiva di UniPg.

A partire dal 2017 i dati sono spariti dal web e dal relativo sito: è stato questo il primo effetto del taglio da 560 a 180mila euro, decretato dall’assessore alla sanità  della Giunta Marini.

Il finanziamento residuo ha consentito di proseguire solo nella raccolta “interna” dei dati senza la loro pubblicazione, come invece prevede la normativa che istituisce i registri tumori – [15]

Nel 2020 l’assessore alla sanita’ della giunta Tesei, Luca Coletto, ha preso l’ impegno di riaprire il registro tumori (il cui finanziamento era ulteriormente sceso, a 160 mila euro) affidandone la gestione a “cooperativa a totale capitale pubblico. Trascorsi quasi 3 anni dall’annuncio, il 7 febbraio 2023, lo stesso Coletto annunciava in una conferenza stampa che il registro tumori era in  procinto di tornare pienamente operativo dal punto di vista della struttura informatica e del personale. La continuità scientifica viene garantita dalla conferma del professor Stracci, la responsabilità redazionale affidata a Giancarlo Bizzarri, ingegnere e amministratore di Puntozero.

Tuttavia, il registro tumori Umbro è ancora invisibile al pubblico. A giugno 2023 sul sito di Punto Zero compariva il Registro tumori Animali, ma non il Registro tumori Umani. Al suo posto, un bando per la fornitura di un sistema di software. Al sito della Associazione Italiana Registri Tumori (Artum) l’opzione “46 Umbria” non produce alcun risultato.

Diversa la situazione a Galatina: Nel 2019, “PROTOS”  uno studio coordinato dall’Istituto di fisiologia clinica del CNR di Pisa e condotto dalla Asl di Lecce per indagare sui fattori di rischio per tumore polmonare in Salento – ha confermato l’esistenza di un cluster tra i 16 Comuni dell’area intorno al sito Colacem: qui, come era già stato indicato in una ricerca pubblicata nel 2014 dall’Istituto superiore di sanità, è stato registrato un sensibile eccesso di incidenza per tumori polmonari rispetto ai casi attesi .

Dalle analisi condotte nello studio PROTOS è emerso, tra i vari fattori di rischio indagati, quello legato alle esposizioni ad inquinanti emessi dalla Colacem (rischio significativo del 143% in più nella classe 4, ovvero a quella a maggiore esposizione a SO2 Colacem rispetto alla classe 1 di minore esposizione (Studio PROTOS, pag.21).

Nel febbraio 2023 il TAR della Puglia ha pubblicato un rapporto commissionato a un gruppo di esperti per valutare l’idoneità delle misure atte a garantire la tutela ambientale e a prevenire i rischi che i cementifici causano alla salute. A proposito della salute il rapporto conclude: “Le mappe di dispersione di SO2 generato dalla ditta Colacem (…) hanno evidenziato che i residenti nella fascia (quartile) di maggiore esposizione ai livelli di SO2 utilizzato come tracciante di inquinanti emessi dall’area industriale di Galatina hanno un rischio significativamente più elevato di sviluppare un tumore polmonare rispetto agli abitanti della fascia con minore esposizione: in entrambi i sessi il rischio di tumore è del 71% in più.[16]

 

CSS: i rifiuti come combustibile

 

Nella relazione non tecnica che a fine 2022 COLACEM Gubbio ha presentato alla regione Umbria [17] relativamente all’ utilizzo di CSS, è scritto : Nel periodo 07.12.2022 (data di primo utilizzo del CSS-Combustibile) e il 31.12.2022 la quantita’ di riduzione delle missioni di CO2 conseguente all’ utilzzo del CSS-Combustibile è la seguente: 414 tonnellate (p.7)

La relazione precisa che in quelle tre settimane COLACEM ha bruciato 563 Tonnellate di CSS  (tabella p. 4). Non ci è dato sapere come è stato calcolato il “risparmio” di 414 tonnellate di CO2.

Apparentemente, l’ estensore del rapporto, ingegner Mario Capolli ha calcolato che se fosse stato bruciato Pet Coke anziché CSS si sarebbero emesse 416 Tonnellate di CO2, e che la CO2 emessa bruciando CSS “non si conta”.

Occorre notare che il CSS contiene una frazione di materie plastiche derivate dal petrolio (polietilene, polistirene, plastiche rigide di varia natura) dell’ordine del 50 % sul totale. Incenerire la plastica invece di incentivarne il riciclo e/o il riuso -oltre a emettere iossine- comporta necessariamente la re-immissione nel mercato di nuovo prodotto, in sostituzione di quanto è distrutto nella combustione. Quest’ultima quantità è esattamente corrispondente alla “perdita” del ciclo virtuoso dell’economia circolare tracciato dalla Comunità Europea che, non a caso, definisce l’incenerimento quale pratica “DNSH” (in grado di provocare danni ambientali significativi e contraria alla protezione della  economia circolare). Pertanto, nel calcolo della riduzione della CO2 per incenerimento del CSS si dovrebbe tenere conto anche della CO2 che è necessario produrre per la fabbricazione del quantitativo equivalente di materia plastica, pari a circa 1,7 t per ogni t di nuova plastica prodotta.

Enunciare risultati virtuosi dovuti alla teorica riduzione dell’emissione di CO2 prodotta da un cementificio, in assenza di una chiara precisazione del metodo di calcolo usato sul ciclo completo di produzione/combustione e senza citare gli indirizzi europei contrari al recupero energetico, sembra una azione propagandistica non correlabile ad oggettive considerazioni scientifiche.

La sintesi non tecnica di Colacem sfata anche un altro mito: quello per cui bruciare CSS serva per ridurre il conferimento dei rifiuti nelle discariche umbre. Ma il CSS bruciato da Colacem a Gubbio non e’ umbro:  proviene da Ferrara e da Roma. I due fornitori sono:

 

ARGECO S.p.A.: via Nicolò Copernico n. 17/A – 44011 Argenta (FE);

Porcarelli Gino & Co S.r.l.: via di Rocca Cencia n. 273 – 00132 Roma (RM).

 

Infine, la raccolta di dati esposta nello studio CNR/Sapienza riferito sopra e’ stata effettuata prima che i cementifici di Gubbio cominciassero a impiegare rifiuti CSS come combustibile. I dati di quello studio sono dunque obsoleti,  irrilevanti per conoscere la realta’ attuale.

 

Conclusione

 

Nel 2022  i nuovi  investimenti nelle energie rinnovabili[18] sono stati 500 miliardi di dollari, piu’ che tutto il cemento venduto quell’ anno nel mondo: 360 miliardi di dollari.

L’attenzione di Colacem per l’ incenerimento di rifiuti CSS viene giustificata come una misura a salvaguardia del clima, un grande problema globale. A prescindere dalla presentazione di risultati assai dubbi sul risparmio di CO2,  cio’ aiuta a distogliere l’ attenzione del pubblico da due problemi locali immediati: la salute dei cittadini minacciata dall’ inquinamento ambientale, e la crisi del mercato del cemento, la cui domanda in Italia si e’ dimezzata negli ultimi 20  anni.

La realta’ e’ molto piu’ prosaica: cementifici obsoleti e inefficienti vengono riconvertiti in inceneritori a basso costo e alto inquinamento, con maggior profitto privato per i cementieri e ulteriore danno per i beni comuni quali la salute collettiva e l’ ambiente.

La Commissione Europea spinge un regolamento che scoraggi il riciclo e l’ incenerimento, e favorisca piuttosto il riuso degli imballaggi. Tale regolamento e’ criticato da Confindustria che privilegia invece il riciclo della plastica, e il suo impiego come combustibile CSS. Perche’ ? Lo spiega il presidente del consorzio per il riciclo della plastica[19]  : Prediligere il riuso al riciclo (…) svaluterebbe tutta la filiera italiana del riciclo che e’ stata costruita in 25 anni di attivita’.

 ARPA, COREPLA, le ricercatrici del CNR  e COLACEM fanno quadrato attorno al modello obsoleto del riciclo e dell’ incenerimento, anziche’ a quello del riuso. Purtroppo, bruciare plastica emette diossina e una lunga lista di altre sostanze cancerogene. Dove i registri tumori sono mantenuti, le statistiche in proposito sono tragicamente chiare.

 

 

NOTE:

[1] Il documento e’ visibile a https://nocssnellecementerie.org/approfondimenti

[2]https://apps.arpa.umbria.it/InventarioEmissioni/DatiIPA.aspx?anno=2018&comb=0&prov=054&com=054024

[3]https://apps.arpa.umbria.it/InventarioEmissioni/DatiIPA.aspx?anno=2018&comb=0&prov=054&com=054024

[4] https://apps.arpa.umbria.it/InventarioEmissioni/Dati.aspx?anno=2015&comb=0&prov=054&com=054024

[5] https://www.lecceprima.it/green/intervista-direttore-colacem-salento-31-maggio-2023.html

[6] https://www.trgmedia.it/Link-20-p-Gubbio-qualit-dell-aria-confronto-comune-e-cementerie-/video-31606.aspx , la terza citazione e’ al minuto 53’50”

[7]  https://apps.arpa.umbria.it/InventarioEmissioni/Dati.aspx?anno=2015&comb=0&prov=054&com=054024

[8] https://www.cronacaeugubina.it/2023/05/17/studio-sulla-qualita-dellaria-a-gubbio-le-professoresse-per-i-metalli-pesanti-situazione-per-nulla-preoccupante/

[9] “ Ai sensi dell’art. 271, comma 14, del Testo Unico Ambientale D.Lgs. n. 152/2006 e s.m.i. “i valori limite di emissione si applicano ai periodi di normale funzionamento dell’impianto, intesi come i periodi in cui l’impianto è in funzione con esclusione dei periodi di avviamento e di arresto e dei periodi in cui si verificano anomalie o guasti tali da non permettere il rispetto dei valori stessi”. Per tale disposizione normativa, i gestori degli impianti, nel trasmettere i dati ad ARPA, distinguono tra i valori rilevati nei periodi di normale funzionamento, classificati dal software SME come “validi” (e quindi da confrontare con i valori limite) e i valori rilevati nei periodi di non normale funzionamento (ad esempio durante un guasto), classificati dal software SME come “non validi” (e, quindi, da non confrontare con il valore limite pur essendo comunque trasmessi ad ARPA).

[10] https://www.arpa.umbria.it/monitoraggi/aria

[11] accesso agli atti.

[12] https://www.lecceprima.it/green/intervista-direttore-colacem-salento-31-maggio-2023.html

[13] https://www.iss.it/news/-/asset_publisher/gJ3hFqMQsykM/content/id/7959018, 19 dicembre 2022

[14]  www.rtup.unipg.it/rtupWebSite/index.php

[15] Puntozero”,www.registri-tumori.it

[16] Consulenza tecnica conferita in data 11/12/2019 con sigla di protocollo Fasc. n.493/18 e 590/18 Reg. Ric. p. 82

[17] Sintesi non tecnica utilizzo CSS-Combustibile_2022.pdf (DG_0020967_2023) Regione Umbria

[18] Senza contare i rifiuti CSS che sono “rinnovabili” per decreto solo in Italia e qualche altro paese dell’ Est Europa.

[19] Giorgio Quagliolo, intervistato da  Raffaele Ricciardi, supplemento Green and Blue di La Repubblica del 1 giugno 2023,p.87