sentenza n.01912 del Consiglio di stato del 31agosto 2023 (Italcementi)

l’orignle e’scricabile qui:

https://www.giustizia-amministrativa.it/portale/pages/istituzionale/visualizza/?nodeRef=&schema=cds&nrg=202301912&nomeFile=202308093_11.html&subDir=Provvedimenti

 

Pubblicato il 31/08/2023

N. 08093/2023REG.PROV.COLL.

N. 01912/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1912 del 2023, proposto dalla società Italcementi Fabbriche Riunite Cemento S.p.a. Bergamo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonella Capria, Francesca Carlesi e Alessandro Botto, con domicilio digitale come da Pec da Registri di giustizia;

contro

la Regione Lazio, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Rosa Maria Privitera, con domicilio digitale come da Pec da Registri di giustizia;
l’ARPA Lazio – Agenzia regionale per la protezione ambientale del Lazio, non costituita in giudizio;

nei confronti

della Città metropolitana di Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Giovanna De Maio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
del Comune di Colleferro, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Luca Raffaello Perfetti e Fabio Capri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;

e con l’intervento di

ad adiuvandum:
AITEC – Associazione Italiana Tecnico Economica del Cemento, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Arturo Cancrini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio del difensore, in Roma, piazza San Bernardo 101;

per l’annullamento ovvero la riforma

previa sospensione

della sentenza del T.a.r. Lazio, sede di Roma, sez. V, 27 settembre 2022 n. 12232;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lazio, della Città metropolitana di Roma Capitale e del Comune di Colleferro;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 giugno 2023 il Cons. Francesco Gambato Spisani e viste le conclusioni delle parti come da verbale.

 

FATTO e DIRITTO

1. La ricorrente appellante, nota azienda produttrice di cemento, gestisce uno stabilimento situato nel territorio del Comune di Colleferro, e per alimentare uno degli impianti relativi, un forno di cottura del prodotto, utilizza come combustibile il cd. pet coke, ovvero il sottoprodotto carbonioso della raffinazione del petrolio, a ciò autorizzata con l’autorizzazione integrata ambientale – AIA rilasciata per lo stabilimento in questione con provvedimento della Regione Lazio 1 giugno 2017 n.2297 (doc. 4 appellante).

2. Per scelta aziendale, fondata su ragioni tecniche e di opportunità non immediatamente rilevanti in questa sede, l’impresa è intenzionata a sostituire in parte il pet coke con il cd. CSS, ovvero “combustibile solido secondario”, noto anche con il termine di cd. “ecoballe”.

3. Così come risulta dall’art. 183 comma 1 lettera cc) del d. lgs. 3 aprile 2006 n.152, il CSS è “il combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione individuate delle norme tecniche UNI CEN/TS 15359 e successive modifiche ed integrazioni”.

4. Per potere utilizzare il CSS, la società, con nota 18 novembre 2021 (doc. 7 appellante), ha presentato una “comunicazione di modifica non sostanziale” all’AIA già rilasciatale di cui sopra, ai sensi dell’art. 29 novies comma 1 del d. lgs. 152/2006.

5. La società ha ritenuto, come risulta dal testo della comunicazione, che ciò fosse sufficiente, basandosi sul testo dell’art. 35 comma 3 del d.l. 31 maggio 2021 n.77, convertito nella l. 29 luglio 2021 n.108, per cui: “Gli interventi di sostituzione dei combustibili tradizionali con CSS-combustibile conforme” alla normativa che lo disciplina e che “non comportino un incremento della capacità produttiva autorizzata, non costituiscono una modifica sostanziale” dell’AIA, “e richiedono il solo aggiornamento del titolo autorizzatorio, nel rispetto dei limiti di emissione per coincenerimento dei rifiuti, da comunicare all’autorità competente quarantacinque giorni prima dell’avvio della modifica. Nel caso in cui quest’ultima non si esprima entro quarantacinque giorni dalla comunicazione, il soggetto proponente può procedere all’avvio della modifica. L’autorità competente, se rileva che la modifica comunicata sia una modifica sostanziale che presuppone il rilascio di un titolo autorizzativo, nei trenta giorni successivi alla comunicazione medesima, ordina al gestore di presentare una domanda di nuova autorizzazione. La modifica comunicata non può essere eseguita fino al rilascio della nuova autorizzazione.”.

6. Nel caso di specie, si è effettivamente verificato quanto previsto dall’ultima parte della norma citata.

7. Infatti, con il parere acquisito con l’atto della Regione 16 dicembre 2021 prot. n.1045535 di cui in epigrafe, l’ARPA ha rilevato, in quanto comunicato dalla società, tutta una serie di criticità tecniche (doc. 2 appellante), nei termini che ora si riassumono.

7.1 In primo luogo, l’ARPA riporta le caratteristiche tecniche del progetto e ricorda che la società intende sostituire in parte il pet coke sino a questo momento impiegato con il CSS, che da un lato è composto da “frazioni di rifiuti solidi urbani, rifiuti plastici, gomme e coriandoli di matrice plastica”, dall’altro ha potere calorifico inferiore a quello del coke, con le conseguenze di cui subito si dirà. Ciò comporta che la società debba realizzare “una nuova unità impiantistica per la ricezione e l’alimentazione del CSS-C al forno” interessato, integrata con l’esistente.

7.2 Tanto premesso, l’ARPA prende in esame gli aspetti quantitativi del progetto e osserva che il dato della capacità produttiva dell’impianto rimane inalterato, dato che essa rimarrà “pari a 1.196.250 tonnellate annue di clinker totale prodotto e 733.700 tonnellate annue di clinker prodotto al forno 1”; osserva però che andrà ad aumentare il quantitativo complessivo di combustibile utilizzato, secondo logica a causa del minore potere calorifico del CSS, dato che “a fronte di un quantitativo di 77.433 tonnellate di coke di petrolio previste nella configurazione attuale per il forno 1” si passerà a ad un “utilizzo di 38.347 tonnellate di coke di petrolio ed in aggiunta di 60.000 tonnellate di CSS”.

7.3 Di seguito, l’ARPA prende in esame gli aspetti qualitativi dell’intervento e ricostruisce anzitutto la normativa applicabile.

7.3.1 Così come si è detto, e si rende esplicito per chiarezza, l’art. 35 comma 3 del d.l. 77/2021 prevede che la sostituzione di altri combustibili avvenga con CSS “conforme ai requisiti di cui all’articolo 13 del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 22 del 2013”.

7.3.2 Nel parere in esame, l’ARPA prende allora in esame l’art. 13, comma 2, del citato D.M. 14 febbraio 2013 n.22, secondo il quale l’utilizzo del CSS nei cementifici “per garantire un elevato grado di tutela dell’ambiente e della salute umana … è soggetto al rispetto delle pertinenti disposizioni del titolo III bis della parte IV del d. lgs. 152/2006, applicabili al coincenerimento, quali le disposizioni relative alle procedure di consegna e ricezione, le condizioni di esercizio, i residui, il controllo e la sorveglianza, le prescrizioni per le misurazioni nonché ai valori limite di emissioni in atmosfera indicati o calcolati secondo quanto previsto nell’allegato 2 del medesimo decreto legislativo, e le deroghe di cui al medesimo allegato”.

7.3.3 Di conseguenza, nel prosieguo del parere, l’ARPA prende in esame appunto il rispetto di queste “disposizioni… applicabili al coincenerimento”, sotto i distinti profili della “consegna e ricezione dei rifiuti”, delle “condizioni di esercizio”, dei “residui” e delle “prescrizioni per le misurazioni nonché ai valori limite di emissioni in atmosfera”.

7.4 Sotto il profilo della “consegna e ricezione dei rifiuti”, l’ARPA osserva anzitutto che – secondo logica in ragione dei maggiori quantitativi di combustibile richiesti – l’intervento comporterà “un aumento stimato dal Gestore del traffico indotto dalla cementeria di circa 1.097 automezzi all’anno (circa 3,5 automezzi al giorno) con riferimento alla massima produzione pari rispettivamente al +1,2%”; esso comporterà poi l’introduzione di “nuove sorgenti sonore” e di “due nuove potenziali sorgenti odorigene”, rappresentate dalle due stazioni di ricevimento del CSS.

7.4.1 Quanto alle sorgenti sonore, l’ARPA osserva che la relazione previsionale di impatto acustico fatta pervenire dalla società è carente quanto a due parametri tecnici, uno dei quali necessario “al confronto dei valori misurati / stimati con i valori limite” e quindi afferma che dopo entrata in funzione la modifica “dovrà essere verificata la compatibilità acustica post-operam con quanto previsto nella relazione tecnica sopra citata”.

7.4.2 Quanto alle sorgenti odorigene, l’ARPA afferma che il piano di monitoraggio “dovrà essere integrato con le modalità di controllo del corretto funzionamento dei 3 filtri a maniche, e dovrà essere aggiornata la planimetria sulle emissioni in atmosfera, con l’indicazione dei nuovi sistemi di abbattimento”.

7.5 Sotto il profilo delle “condizioni di esercizio”, l’ARPA rinvia all’autorità competente, ovvero alla Regione, il compito di definire “specifiche condizioni di autorizzazione” tali da garantire il rispetto di due condizioni tecniche previste dalla normativa sul coincenerimento, ovvero la necessità che il CSS sia comunque trattato “per almeno 2 secondi a una temperatura di 850 °C o per almeno 0,2 secondi a una temperatura di 1.100 °C”- ciò che impedisce, come notorio, la formazione di inquinanti organici persistenti quali le diossine ed i furani – e la necessità di prevedere un sistema automatico di blocco dell’alimentazione del forno ove si verifichino determinate condizioni critiche, in sintesi capaci di produrre inquinanti in misura non accettabile.

7.6 Sotto il profilo dei “residui”, l’ARPA rinvia ancora alla Regione quale autorità competente per garantirne la corretta gestione, dato che la società non ha previsto nulla di specifico; osserva poi che la società stessa non ha valutato l’impatto delle nuove attività quanto “alla possibile contaminazione delle acque meteoriche e di dilavamento piazzale, né se la stessa si esaurisca con i primi 5 mm di pioggia”.

7.7 Infine, quanto alle “emissioni”, l’ARPA segnala la necessità di aggiornare il relativo piano di controllo, estendendolo a tutta una serie di parametri ulteriori, anche qui secondo logica relativi in modo specifico alla combustione del CSS, in particolare a “SO2, NOx, CO, NH3, HCl, HF e TOC” (anidride solforosa, ossidi di azoto, monossido di carbonio, ammoniaca, acidi cloridrico e fluoridrico e carbonio totale).

8. Sulla base di questo parere, la Regione, con il provvedimento 23 dicembre 2021 prot. n.1071804 di cui pure in epigrafe (doc. 1 appellante), ha ritenuto che la richiesta dovesse ritenersi una variante sostanziale e, pertanto, come previsto appunto dal citato articolo 35 comma 3 d.l. 77/2021, ha ordinato alla società di presentare domanda per il rilascio di una nuova autorizzazione, da ottenersi con il relativo procedimento ai sensi dello stesso art. 29 novies d. lgs. 152/2006, procedimento che ovviamente è più oneroso, evidenziando in particolare la necessità di adeguarsi alle norme sul coincenerimento, nonché l’ubicazione dell’impianto, che si trova nel sito di interesse nazionale – SIN “Valle del Sacco”.

9. Con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il T.a.r. ha respinto il ricorso proposto dalla società contro questo provvedimento, ritenendo, in sintesi, corretto e congruo quanto deciso dalla Regione.

10. Contro questa sentenza, la società ha proposto impugnazione, con appello che contiene sei motivi, tre di critica della sentenza impugnata e tre di riproposizione di motivi assorbiti in I grado.

10.1 Con il primo di essi, alle pp. 6-17 dell’atto, deduce violazione ovvero falsa applicazione dell’art. 35 comma 3 del d.l. 77/2021, nonché eccesso di potere per travisamento del fatto; sostiene sul punto che il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo sia sotto il profilo formale, perché intervenuto oltre i 30 giorni previsti dalla norma, sia sotto il profilo sostanziale, perché la modifica da introdurre non sarebbe, appunto, una modifica sostanziale.

10.1.1 Sul punto, la parte ricorda la motivazione della sentenza di I grado, secondo la quale, in ordine logico, alla scadenza dei 30 giorni prescritti, anzitutto, non si consumerebbe il potere di provvedere. Inoltre, sempre secondo la sentenza di I grado, la norma dell’art. 35, comma 3, è eccezionale e, quindi, va interpretata in modo restrittivo: ove vi fosse un semplice dubbio sulla presenza di entrambe le condizioni richieste ovvero l’invariata capacità produttiva e il rispetto dei limiti previsti per il coincenerimento si dovrebbe optare per il rilascio di nuova autorizzazione.

10.1.2 La parte appellante sostiene, invece, che nel caso in esame la regola sarebbe il semplice aggiornamento dell’autorizzazione, mentre prevedere il rilascio di un’autorizzazione nuova sarebbe l’eccezione, così come risulterebbe dalla giurisprudenza (sentenze T.a.r. Umbria 12 gennaio 2023 nn. 28 e 29) e dalla prassi amministrativa (D.G.R. Lombardia 22 febbraio 2021 n. XI-4344). Sostiene poi che il principio di precauzione non potrebbe essere interpretato nel senso di precludere un ammodernamento tecnologico sulla base di “meri timori o incertezze” (p. 12 ottavo rigo dal basso).

10.1.3 La parte sostiene poi che, a prescindere dall’interpretazione adottata, quanto previsto dall’art. 35 comma 3 d.l. 77/2021 sarebbe stato rispettato, così come risulterebbe dalla relazione tecnica, proprio doc. 8 in I grado.

10.1.4 La parte sostiene, infine, che il termine per provvedere previsto dall’art. 35, comma 3, in esame sarebbe perentorio e ne deduce, secondo logica, che il mancato rispetto di esso comporterebbe silenzio assenso.

10.2 Con il secondo motivo, alle pp. 17-26 dell’atto, deduce ancora violazione, sotto un diverso profilo, dell’art. 35, comma 3, d.l. 77/2021, nonché difetto di motivazione da parte del provvedimento impugnato.

10.2.1 Sul punto, la parte appellante richiama una parte della sentenza di I grado. In questa parte, il Giudice di I grado ha affermato come non sia dimostrato che l’intervento rispetta le norme sul coincenerimento; evidenzia la circostanza – evidentemente emersa in corso di giudizio, perché il provvedimento amministrativo impugnato non la menziona – per cui esso dovrebbe comunque ottenere una deroga ai valori limite di TOC e giudica ciò incompatibile con il semplice aggiornamento dell’autorizzazione; ritiene poi non provato che il maggiore inquinamento prodotto dall’aumento del traffico di autocarri sarebbe compensato da quello minore dovuto a un minore trasporto via nave di pet coke dal Nord America e ritiene non sostenibile l’affermazione per cui il nuovo impianto non interferirebbe con il citato SIN. La sentenza sostiene, infine, che non si potrebbe dar luogo ad un “aggiornamento con prescrizioni” che la norma in esame non prevede.

10.2.2 La parte appellante sostiene, invece, in sintesi, che queste circostanze sarebbero irrilevanti e, comunque, superabili; in particolare, il maggiore traffico di autocarri sarebbe “tipico e connaturato” a questo genere di interventi (p. 23 ottavo rigo dal basso), mentre le deroghe e le prescrizioni non sarebbero incompatibili con il semplice aggiornamento dell’AIA. Inoltre, nessuna interferenza vi sarebbe con il SIN citato.

10.3 Con il terzo motivo, alle pp. 26-28 dell’atto, deduce eccesso di potere per travisamento del fatto e sostiene, in sintesi, che il parere dell’ARPA non conterrebbe alcuna perplessità, contrariamente a quanto avrebbe sostenuto dal Giudice di I grado.

10.4 Con il quarto motivo, alle pp. 29-34 dell’atto, deduce ancora eccesso di potere per travisamento del fatto e sostiene, in sintesi, che tutti i rilievi contenuti nel parere dell’ARPA sarebbero non significativi e comunque superabili.

10.5 Con il quinto motivo, alle pp. 34-35 dell’atto, deduce ulteriormente eccesso di potere per travisamento del fatto in particolare in ordine al citato rilievo del parere dell’ARPA, secondo il quale si dovrebbe aggiornare il piano di controllo delle emissioni e sostiene, in sintesi, che non vi sarebbe “nessuna ragione (né il parere di ARPA adduce argomentazioni a riguardo) per modificare l’“architettura” dell’AIA della cementeria sul punto a seguito dell’implementazione della modifica

10.6 Con il sesto motivo, alle pp. 35-36 dell’atto, deduce infine eccesso di potere per una presunta disparità di trattamento rispetto alla prassi di altre Regioni, che avrebbero assentito interventi analoghi con il semplice aggiornamento dell’AIA, e cita come termini di confronto le determinazioni della competente autorità della Regione Umbria 29 dicembre 2021 nn. 13416 e 13411.

11. Ha resistito la Regione Lazio, con atto 28 febbraio 2023, in cui ha chiesto la reiezione dell’appello.

12. La Città metropolitana e di Roma Capitale si è a sua volta costituita, con atto 1 marzo 2023, riservandosi di concludere

13. Con memoria 9 marzo 2023, è intervenuta invece ad adiuvandum l’associazione di categoria di cui in epigrafe, la quale ha ribadito come tale la propria legittimazione all’intervento e chiesto che l’appello sia accolto.

14. Ha parimenti resistito il Comune di Colleferro, con memoria 13 marzo 2023, in cui chiede la dichiarazione di inammissibilità e comunque il rigetto dell’appello e la dichiarazione di inammissibilità dell’intervento, in quanto la materia del contendere sarebbe propria della sola azienda ricorrente appellante e non rientrerebbe negli interessi di categoria curati dall’associazione. In particolare, il Comune ha prima di tutto ricordato la grave situazione ambientale e sanitaria del proprio territorio, caratterizzato da una configurazione spaziale che favorisce il ristagno degli inquinanti, da insediamenti industriali numerosi e di grande impatto ambientale, nonché da statistiche sanitarie anomale per malattie ischemiche, respiratorie e tumorali. Tutto ciò, a dire della difesa comunale, giustificherebbe la massima prudenza nel valutare l’intervento.

15. Con memoria 13 marzo 2023, la Regione ha illustrato le proprie tesi, con particolare riguardo alla domanda cautelare formulata dalla parte appellante ed ha, in particolare, sostenuto (p. 10) che la modifica richiesta, data la situazione del territorio di Colleferro, “non può non essere approfonditamente valutata all’interno di un procedimento di valutazione che consenta di determinare, con il contributo di tutti gli Enti territoriali competenti, le mitigazioni aggiuntive necessarie al fine di contenere tali eventuali ulteriori impatti. Una mera comunicazione di modifica non sostanziale (che non prevede forme di pubblicità o partecipazione, né l’avvio di un procedimento amministrativo finalizzato a tali approfondimenti) non risulta essere il procedimento idoneo ai fini di tale valutazione”.

16. A sua volta con memoria 13 marzo 2023, la Città metropolitana ha dichiarato di rimettersi a Giustizia.

17. All’esito della camera di consiglio del giorno 16 marzo 2023, con ordinanza 17 marzo 2023 n.1100, la Sezione ha accolto la domanda cautelare, al solo fine della sollecita fissazione dell’udienza di merito.

18. Con memorie 8 maggio e repliche 18 maggio 2023 rispettivamente per la ricorrente appellante, per l’associazione interveniente e per il Comune, queste parti hanno, infine, ribadito le rispettive tesi. In particolare il Comune nella memoria 8 maggio 2023 ha eccepito che l’appello sarebbe inammissibile per carenza di interesse, perché il provvedimento impugnato non proibirebbe nulla, ma si limiterebbe a prescrivere una diversa procedura da intraprendere. Per parte sua, nella replica 18 maggio 2023, la società eccepisce che la memoria del Comune suddetta sarebbe depositata tardivamente.

19. Alla pubblica udienza del giorno 8 giugno 2023, fissata nei termini di cui si è detto, la Sezione ha trattenuto il ricorso in decisione.

20. In via preliminare, va respinta l’eccezione di inammissibilità dell’intervento dell’associazione di categoria, proposta dal Comune come sopra. Per costante giurisprudenza amministrativa, l’interesse che giustifica l’intervento ad adiuvandum è un interesse di grado minore rispetto a quello che legittimerebbe un ricorso in proprio. Questa caratteristica si può allora bene riconoscere nell’interesse di un’associazione di categoria all’annullamento di un provvedimento amministrativo che concerne sì il singolo associato, ma tocca questioni di carattere generale e quindi di interesse comune come i presupposti per autorizzare una data attività svolta dai membri della categoria stessa.

21. Sempre in via preliminare, la questione di inammissibilità dell’appello, ovvero del ricorso in quanto tale, per carenza di interesse dedotta dal Comune va esaminata a prescindere dal deposito tardivo della memoria di replica in cui è illustrata, trattandosi di questione rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento. La questione stessa però non è fondata, perché il ricorso stesso è volto ad un annullamento che renderebbe applicabile una procedura meno onerosa della richiesta di nuova AIA e quindi a procurare all’interessato un’apprezzabile utilità.

22. Ciò posto, nel merito l’appello è infondato e va respinto, per le ragioni di seguito esposte.

23. I primi cinque motivi di appello sono connessi, perché affrontano, sotto profili diversi, la medesima questione, ovvero stabilire se l’intervento per cui è causa rientri o no nella fattispecie di cui all’art. 35 comma 3 d.l. 77/2021; come tali, vanno esaminati congiuntamente, e risultano tutti infondati.

24. È necessario, per chiarezza, inquadrare la norma dell’art. 35, comma 3, in esame nel sistema dell’autorizzazione integrata ambientale così come disciplinata dalle norme generali del d. lgs. 152/2006. Per far ciò, occorre illustrare quale disciplina sarebbe applicabile se la norma stessa non esistesse, per poi esaminarne la specifica portata.

25. In termini generali, in presenza di un qualsiasi impianto assistito da AIA un intervento che sostituisca il diverso combustibile utilizzato fino a quel momento con CSS e, quindi, l’intervento che in una cementeria sostituisca il pet coke con CSS non è certo un intervento di per sé vietato. Esso configurerebbe infatti una modifica ai sensi degli artt. 29 novies e 5 comma 1 lettera l) del d. lgs. 152/2006, ovvero un’ipotesi di “variazione di un piano, programma, impianto o progetto approvato, compresi, nel caso degli impianti e dei progetti, le variazioni delle loro caratteristiche o del loro funzionamento, ovvero un loro potenziamento, che possano produrre effetti sull’ambiente”.

26. La modifica, ai sensi dell’art. 29 novies comma 1 seconda parte del d. lgs. 152/2006, va comunicata all’autorità competente, in questo caso alla Regione, la quale “ove lo ritenga necessario, aggiorna l’autorizzazione integrata ambientale o le relative condizioni, ovvero, se rileva che le modifiche progettate sono sostanziali ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera l-bis”. A sua volta, quest’ultima norma definisce come sostanziali le modifiche che “secondo l’autorità competente, producano effetti negativi e significativi sull’ambiente o sulla salute umana. In particolare, con riferimento alla disciplina dell’autorizzazione integrata ambientale, per ciascuna attività per la quale l’allegato VIII indica valori di soglia, è sostanziale una modifica all’installazione che dia luogo ad un incremento del valore di una delle grandezze, oggetto della soglia, pari o superiore al valore della soglia stessa”.

27. A fronte di una comunicazione di modifica, l’autorità in base alla norma citata è libera, nel senso che non è vincolata dalla legge né a presumere che si tratti di modifica sostanziale, né a presumere che si tratti di modifica non sostanziale: al di fuori del caso di modifica che incide sui valori di soglia, procede alle sue valutazioni per così dire a tavolo sgombro.

28. L’art. 29 novies comma 1 prevede poi un termine unico di sessanta giorni entro il quale l’autorità deve pronunciarsi, e in caso di silenzio consente al privato richiedente di procedere a realizzare le modifiche, senza precludere all’autorità competente stessa di intervenire successivamente.

29. L’esito di una comunicazione di modifica ai sensi dell’art. 29 novies comma 1 può essere, così come si è detto, un semplice aggiornamento dell’AIA già rilasciata ovvero, ai sensi del successivo comma 2, la necessità che il gestore presenti una nuova domanda, che ove accolta porta al rilascio di una nuova AIA. È poi chiaro che la previsione di prescrizioni, ovvero di una deroga ai valori limite di emissione degli inquinanti, diversa e ulteriore rispetto a quella dell’AIA originaria potrà avere luogo solo in quest’ultimo ambito, ovvero nel caso di rilascio di un’AIA nuova, trattandosi di concetti incompatibili già a livello logico con un semplice aggiornamento.

30. In questo quadro normativo, era accaduto che alcune autorità procedenti, a fronte di richieste del tipo per cui è causa, di sostituzione del pet coke con il CSS in una cementeria, avessero elaborato degli indirizzi generali. È il caso, correttamente citato dalla ricorrente appellante, della d.G.R. Lombardia 22 febbraio 2021 n. XI-4344, anteriore, come si vede, al d.l. 77/2021.

31. La d.G.R. 22 febbraio 2021 raggiunge conclusioni non dissimili al contenuto della norma dell’art. 35 comma 3 d.l. 77/2021, ovvero afferma che ove sia invariata la capacità produttiva dell’impianto e siano rispettati i requisiti di utilizzo del CSS, ovvero come si è visto i requisiti per il coincenerimento, “risultano sussistere, a livello generale, i presupposti per ritenere che gli impatti ambientali generati dall’intervento siano tali da non generare effetti negativi e significativi sull’ambiente o sulla salute umana”; di conseguenza, la modifica in questione dà luogo a modifica non sostanziale, che comporta l’aggiornamento dell’AIA, e quindi non il rilascio di un’AIA nuova e può addirittura non richiedere aggiornamento alcuno se l’impianto, per altri versi, sia già autorizzato al coincenerimento.

32. La delibera 22 febbraio 2021 però è un atto amministrativo di una singola Regione, con tutte le conseguenze del caso. In primo luogo, essa non può derogare alla regola generale della legge, per cui l’autorità esamina la comunicazione di modifica come si è detto “a tavolo sgombro”, e di ciò lealmente dà atto nella parte in cui afferma che “sono in ogni caso fatte salve le valutazioni da parte di quest’ultima sulla base delle situazioni sito specifiche al fine di una valutazione puntuale degli effetti di ogni intervento” e che “è sempre facoltà dell’autorità competente convocare qualora lo ritenga necessario una conferenza di servizi istruttoria” per le valutazioni del caso. In secondo luogo, la delibera di una singola Regione non soddisfa l’esigenza di uniforme trattamento di cui l’art. 29 quinquies d. lgs. 152/2006 si fa oltretutto specificamente carico.

33. Nel contesto appena descritto, l’intervento del legislatore che introduce l’art. 35 comma 3 in esame ha un significato triplice.

33.1 In primo luogo, come va detto per completezza, anche se non rileva in via diretta ai fini del decidere, la norma assolve all’importante esigenza di garantire l’uniformità di trattamento sul territorio nazionale.

33.2 In secondo luogo, la norma introduce una disciplina del procedimento speciale rispetto a quella del comma 1 dell’art. 29 novies, perché come si è visto abbrevia a 45 giorni il termine di attesa per procedere con la modifica e prevede un distinto e più breve termine di 30 giorni entro il quale l’autorità competente deve attivarsi per ravvisare la modifica sostanziale e richiedere la presentazione di una nuova domanda.

33.3 Contrariamente a quanto sostiene la parte appellante, tuttavia, a questa parte della norma non si può dare il significato di introdurre un silenzio assenso. In base alla regola generale dell’art. 20, comma 4, della l. 7 agosto 1990 n.241, infatti, il silenzio assenso è escluso nei procedimenti in materia ambientale. Una regola diversa dovrebbe quindi essere prevista dalla legge in modo esplicito, e ciò nel caso in esame non è avvenuto, dato che l’art. 35 comma 3 non annette al superamento del termine di 30 giorni conseguenze particolari, in particolare la decadenza del potere di provvedere.

33.4 In terzo luogo, e sotto il profilo sostanziale, la norma stabilisce una sorta di presunzione relativa: a fronte di una richiesta di sostituzione del pet coke con CSS da parte di una cementeria, la quale alleghi che la capacità produttiva rimane invariata e i requisiti di utilizzo del CSS sono rispettati, l’amministrazione non ha più il “tavolo sgombro”, ma deve anzitutto verificare se questi presupposti sussistono, ovvero presumere salvo prova contraria di trovarsi di fronte ad una modifica non sostanziale.

33.5 Come si è detto, si tratta di una presunzione relativa, perché l’art. 35, comma 3, prevede in modo espresso che l’amministrazione possa invece rilevare di trovarsi di fronte ad una modifica sostanziale e richiedere una nuova domanda di autorizzazione, come previsto in linea generale dall’art. 29 novies d. lgs. 152/2006.

33.6 La norma dell’art. 35, comma 3, in esame è muta sul punto specifico, però si può secondo logica ritenere che, ove uno solo dei due criteri da essa previsti per ravvisare la modifica non sostanziale non sia rispettato, la modifica sia per ciò solo sostanziale, come emerge del resto anche dalla delibera regionale 22 febbraio 2021 sopra citata. Infatti, con una produzione maggiore ovvero con i limiti di utilizzo del CSS non rispettati, ci si trova automaticamente in una situazione in cui si “producano effetti negativi e significativi sull’ambiente o sulla salute umana” ai sensi dell’art. 5 comma 1 lettera l bis) del d. lgs. 152/2006. Ciò però, lo si dice per chiarezza, non comporta di per sé che l’intervento non sia assentibile, ma soltanto richiede di passare per la più approfondita procedura di nuova autorizzazione.

33.7 Non si può invece ritenere, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte ricorrente appellante, che l’art. 35, comma 3, consenta di rilasciare un aggiornamento con prescrizioni ovvero un aggiornamento in deroga: come si è visto, queste clausole sono un contenuto dell’AIA vera e propria per regola generale, rispetto alla quale nel caso in esame non si dispone in contrario.

33.8 In conclusione, il rapporto di eccezione a regola dell’art. 35 comma 3 d. l. 77/2021 con la normativa in materia di AIA del d. lgs. 152/2006 sussiste ai sensi e nei limiti descritti.

33.9 Il quadro normativo fin qui delineato si completa ricordando che la materia dell’AIA è caratterizzata da un’ampia discrezionalità tecnica dell’amministrazione, che per noto principio giurisprudenziale è sindacabile dal Giudice di legittimità nei soli casi di risultati abnormi o manifestamente illogici: per tutte, C.d.S. sez. IV 3 marzo 2023 n.2245, ove ulteriori citazioni.

33.10 In materia di discrezionalità vale poi l’ulteriore principio elaborato sempre dalla giurisprudenza di questo Consiglio, se pure nell’ambito parzialmente diverso delle autorizzazioni paesaggistiche: la pretesa illogicità di una valutazione discrezionale dell’amministrazione che in sé e per sé considerata appaia congrua non può essere sindacata contrapponendovi una valutazione di parte che si ritiene ugualmente congrua, dato che l’amministrazione competente è per definizione l’ente preposto alla tutela del bene per cui è causa, e quindi le valutazioni di, essa devono prevalere: così per tutte C.d.S. sez. VI 5 dicembre 2022 n.10629.

33.11 Va, infine, rilevare che le sentenze T.a.r. Umbria sez. I 12 gennaio 2023 nn. 28 e 29, che la parte ricorrente appellante cita a sostegno della propria affermazione per cui la sostituzione con CSS di un altro combustibile in uso costituirebbe comunque modifica non sostanziale, non sono in questo senso significative perché, come risulta a lettura della motivazione, danno per presupposto che le condizioni previste dall’art. 35 comma 3, ovvero la produzione invariata e il rispetto dei requisiti di impiego del CSS nel caso di specie fossero verificate.

34. Applicando i risultati interpretativi ed i principi appena delineati al caso di specie, i primi cinque motivi di appello vanno così come si è detto respinti.

35. Va respinta anzitutto l’ultima parte del primo motivo, perché come si è dimostrato il superamento del termine di 30 giorni per provvedere stabilito dall’art. 35 comma 3 non comporta silenzio assenso, né fa decadere il relativo potere.

36. Sulla base degli atti di causa, risulta poi corretta l’affermazione del Giudice di I grado nel senso che nel caso di specie il secondo dei requisiti richiesti dall’art. 35, comma 3, per qualificare la modifica come non sostanziale non è stato rispettato. Sul punto, va precisato in termini generali che il parere dell’ARPA ed il conforme provvedimento sopra riportati sono tutt’altro che perplessi in merito, e ciò porta a respingere il terzo motivo di appello. Al contrario, il provvedimento citato esclude in positivo, per le ragioni che si sono viste, che i requisiti di impiego del CSS siano nella specie rispettati; in proposito anzi va precisato che il richiamo fatto dal Giudice di I grado al principio di precauzione è superfluo, perché si è in presenza di un’affermazione positiva di non sussistenza dei requisiti per provvedere, e non di un dubbio dichiarato come tale, a fronte di cui si debba decidere preferendo in via precauzionale la soluzione più prudente, e ciò porta a respingere la restante parte del primo motivo. Nel momento in cui questi requisiti non sono stati rispettati, è allora corretto e congruo, in mancanza di vizi ulteriori, che però non sono stati nemmeno ipotizzati, l’operato dell’amministrazione che ha ritenuto la modifica sostanziale e richiesto la domanda di nuova autorizzazione.

37. Non sussistono poi, nel dettaglio, le presunte illogicità, che per quanto si è detto dovrebbero essere manifeste, nel parere dell’ARPA così come denunciate nei motivi secondo, terzo e quinto, e si conferma quindi la non sussistenza allo stato dei requisiti di impiego del CSS, che ha motivato la richiesta di nuova domanda.

37.1 Anzitutto, in generale, le deduzioni della parte ricorrente appellante, per cui l’intervento potrebbe essere assentito con semplice aggiornamento, a patto di inserire una serie di prescrizioni nell’AIA aggiornata e di accordare una deroga ai valori limite per un dato inquinante, si pongono per ciò solo contro la tesi sostenuta. Si è infatti visto che gli istituti delle prescrizioni e della autorizzazione in deroga sono incompatibili con un semplice aggiornamento dell’AIA esistente già nel sistema del d. lgs. 152/2006, che l’art. 35 comma 3 d.l. 77/2021 sul punto non ha innovato.

37.2 Per quanto riguarda poi i rilievi particolari mossi dalla parte, va detto anzitutto che il parere dell’ARPA ed il provvedimento che lo recepisce non palesano a lettura alcuna illogicità o abnormità immediatamente percepibili. È vero che come sostiene la parte appellante lo spunto contenuto nel provvedimento finale, “Tenuto conto che l’impianto ricade nel SIN Valle del Sacco” non è sviluppato nel resto della motivazione, ma ciò ai fini di causa non rileva, dato che il provvedimento stesso contiene le ulteriori più volte citate motivazioni del parere ARPA, di per sé sole idonee a sorreggerlo. Con ciò, lo si dice per chiarezza, questo Giudice è consapevole della grave situazione ambientale del territorio di Colleferro, così come rappresentata nelle difese del Comune e non contestata quanto ai fatti storici; vuole soltanto evidenziare che essa non è stata dettagliatamente compresa nei contenuti del provvedimento oggetto del giudizio, e pertanto non può essere considerata in questa sede.

37.3 Ai rilievi contenuti nel parere dell’ARPA la parte appellante contrappone poi nello specifico la relazione doc. 8 in I grado di accompagnamento alla domanda e le deduzioni contenute nel ricorso in appello. Neanche questi atti però evidenziano profili di manifesta illogicità o abnormità nelle valutazioni dell’amministrazione. La relazione doc. 8 in I grado dedica le pp. da 35 a 42 su 101 complessive alla “applicazione delle disposizioni per il coincenerimento”, ma si limita, per la più parte, ad asserire che esse verranno rispettate, senza dare esatto conto delle modalità con cui ciò verrà fatto. Il ricorso in appello poi si limita, in buona sostanza, a criticare le valutazioni della p.a. con valutazioni tecniche proprie della parte, ritenute preferibili con operazione che come si è detto non è in linea di principio consentita.

38. Da ultimo è infondato il sesto motivo di ricorso, centrato su una presunta disparità di trattamento rispetto a fattispecie qualificate come analoghe. Per costante giurisprudenza di questo Consiglio, infatti, questo tipo di vizio postula che si sia data la prova rigorosa, nella specie mancata, dell’assoluta identità fra la situazione dedotta in giudizio e quelle che si assumono come termine di paragone, nonché della legittimità dell’operato dell’amministrazione nel disciplinare queste ultime, non potendosi evidentemente pretendere che si estenda a proprio vantaggio l’illegittimità che si fosse commessa a favore di altri: per tutte, C.d.S. sez. IV 28 febbraio 2023 n.2039 e sez. III 22 novembre 2018 n.6598, nonché sez. V 10 novembre 2022 n.9877, sull’ultimo punto.

39. In conclusione, l’appello va respinto; la novità e particolarità della questione decisa è giusto motivo per compensare per intero fra le parti le spese dell’intero procedimento.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n.1912/2023 R.G.), lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 giugno 2023 con l’intervento dei magistrati:

Vincenzo Lopilato, Presidente FF

Luca Lamberti, Consigliere

Francesco Gambato Spisani, Consigliere, Estensore

Silvia Martino, Consigliere

Giuseppe Rotondo, Consigliere

 

 

 

 

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco Gambato Spisani Vincenzo Lopilato

IL SEGRETARIO