Vorrei chiedervi dieci minuti per illustrare queste cinque affermazioni:

 

  1. Bruciare rifiuti non ha senso dal punto di vista climatico, ambientale, sanitario, ma soprattutto economico e finanziario
  2. Nessuno, a casa propria, costruirebbe un oggetto perfettamente funzionante per usarlo una sola volta e poi buttarlo via
  3. Eppure, il 14 novembre 2023 la Regione Umbria ha deliberato di costruire un nuovo inceneritore di rifiuti. Perche’ un gesto che nessuno compirebbe a casa propria diventa plausibile se a farlo e’ la collettivita’ ?
  4. Ci sono due azioni in questo gesto: produrre il contenitore di plastica, e incenerirlo
  5. La spiegazione che ci viene data per l’incenerimento e’ il mercato : nella raccolta ci sono economie di scala, nell’ incenerimento si produce energia, e dunque a conti fatti si emette meno CO2.  Ma e’vero ? Il  Parlamento  Europeo sostiene il contrario:

Dal 2024 in poi i paesi membri dell’ Unione Europea dovranno misurare, pubblicare, e verificare le emissioni degli impianti municipali di incenerimento dei rifiuti. Entro il 31 gennaio 2026 la Commissione Europea includera’ gli inceneritori nel sistema ETS dei crediti di carbonio, con effetto a partire dal 2028, o dal 2030 al più tardi.[1]

Il mercato e’ anche la spiegazione che viene fornita per la produzione degli imballaggi monouso. COREPLA e’ il Consorzio nazionale per la loro raccolta, recupero e riciclo. L’ adesione al consorzio e’ obbligatoria per tutti i produttori di imballaggi di plastica e dei materiali necessari a produrli.

Nel 2022 COREPLA ha raccolto 1.166.479 di Tonn di imballaggi di plastica di cui ha inviato a riciclo 727.481 Tonn (95% da raccolta urbana -cioe’ la nostra spesa-  e 5% da raccolta commercio e industria)  . Inviare a riciclo significa trasformare gli imballi in pellet o scaglie che saranno usate per produrre nuovi oggetti di plastica.

Il resto, cioe’ circa 440.000 Tonn sono stati bruciati per produrre energia[2] .

Il  direttore generale COREPLA Giovanni Bellomi sostiene che in questo modo si riduce l’ emissione di CO2 . Questa affermazione da’ per scontato che, se quegli imballaggi non venissero “riciclati”, sarebbe necessario produrre materiale plastico nuovo. COREPLA non dice che, anziche’ tritarli o incenerirli, quegli imballaggi possono essere lavati e riutilizzati. Se cosi’ fosse,  la riduzione di CO2 sarebbe reale e il risparmio molte volte  maggiore.

Certo, in questo modo si produrrebbero meno imballaggi: e come possiamo aspettarci che il consorzio dei produttori di imballaggi di plastica scelga di ridurre volontariamente il giro d’ affari dei consorziati ?  Percio’ il dottor Bellomi e’ costretto a giocare alle tre carte con la riduzione di CO2.

Minimizzare le conseguenze del cambiamento climatico puo’ avere effetti disastrosi, perche’ ci coglie impreparati sul piano meteorologico: eventi estremi contro cui non abbiamo difese (Cantiano), o agricolo: raccolti distrutti dalla siccità, o culture distrutte da nuovi insetti e batteri come la xilella, favorita dagli inverni piu’ caldi. ( https://www.mdpi.com/2079-7737/11/9/1299 )

Ignorare i cambiamenti cimatici oggi taglierà anche le vostre pensioni domani. In un articolo molto citato, il prof. Steeve Ken di University College, Londra ha dimostrato che quasi tutti i fondi pensione britannici sottovalutano fortemente l’ impatto del cambiamento climatico sull’ economia futura. Questo avviene perche’ gli economisti che decidono gli investimenti dei fondi pensione non ascoltano gli scienziati del clima. [3]

Un esempio? Secondo i fondi pensione un aumento di 3 gradi causerà la riduzione del prodotto globale di 2 punti percentuali nel 2100, mentre secondo i climatologi la riduzione sara’ tra il 10 % e il 23%.  Non solo: nel frattempo saremo tre miliardi in piu’. Per ottenere pensioni paragonabili a quelle attuali, il rendimento sul capitale investito dai fondi dovrebbe essere molto piu’ alto, e gli investimenti particolarmente mirati.

Il direttore degli investimenti di Deutsche Bank, Markus Mueller, ha spiegato che negli ultimi due secoli ci siamo dimenticati di includere il costo della natura nelle nostre decisioni di investimento.  il cambiamento climatico e’ la conseguenza di quella dimenticanza.

Non è troppo tardi: secondo un recente rapporto delle Nazioni Unite sul riscaldamento globale più del 40% delle emissioni totali di carbonio sono avvenute dopo il 1990 , anno in cui IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) pubblicò il suo primo rapporto sui rischi del global warming.  Frenare è urgente perché’ le emissioni crescono più che linearmente. Ed e’ possibile.

Cominciamo col decidere che la raccolta e la gestione dei rifiuti deve essere un servizio pubblico, come la scuola e la sanita’, e non un affare privato gestito dai produttori di imballaggi.

 

FONTI

[1] https://www.europarl.europa.eu/news/en/press-room/20221212IPR64527/climate-change-deal-on-a-more-ambitious-emissions-trading-system-ets

[2]  https://www.corepla.it/le-tue-domande-sul-riciclo  

[3] https://carbontracker.org/reports/loading-the-dice-against-pensions/ ; https://carbontracker.org/wp-content/uploads/2023/08/Supporting-Document-To-Rolling-The-DICE-How-Did-We-Get-Here.pdf