Tre su otto cementifici di proprietà di Colacem, il terzo produttore e distributore di cementi in Italia, sono finiti in un dossier presentato in commissione Ambiente alla Camera. Nel documento, che porta la firma congiunta di più comitati, si denuncia l’emergenza sanitaria e ambientale in corso a Galatina (Lecce), Sesto Campano (Isernia) e Gubbio (Perugia), in prossimità degli stabilimenti della società capofila del gruppo Financo. La richiesta di audizione urgente alle onorevoli Alessia Rotta e Rossella Muroni, rispettivamente presidente e vicepresidente della commissione Ambiente, è stata accolta lunedì. Il dossier, preparato tra aprile e giugno, è stato realizzato sulla base dei dati ufficiali e degli studi scientifici pubblicati. Quanto raccolto – scrivono il Coordinamento civico ambiente e salute, l’associazione Mamme per la salute e l’ambiente Venafro, il Comitato per la tutela ambientale della Conca eugubina e il Comitato NO CSS nelle cementerie di Gubbio che hanno curato il rapporto – “dimostra un modus operandi aziendale che si ripete identico in ciascun luogo da decine di anni”. Al contempo – avvertono – “alle amministrazioni locali sono mancate finora la capacità o la volontà di affrontare la questione. Concentrazione di inquinanti e rischio di mortalità mostrano trend in peggioramento per gli ultimi vent’anni. Dove esiste un registro dei tumori – spiegano – i casi sono sopra la media e sopra i valori di aree urbane notoriamente inquinate. Tuttavia, nel 2021 la Regione Umbria ha abolito il registro tumori di Gubbio perché troppo costoso”.
Mentre per Galatina e Sesto Campano è stata ottenuta la Valutazione di Impatto Sanitario, i cui risultati non sono ancora noti, per il Comune in provincia di Perugia invece è stato l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) a dirsi allarmato “per le anomalie statistiche tumorali”. La catalogazione dei cementifici – scrivono gli attivisti – è di industrie insalubri di prima classe obbligatoriamente soggette a Valutazione di Impatto Ambientale (VIA). “Tuttavia – dicono – nessuno dei tre è stato mai valutato, nonostante la EEA (Agenzia Europea per l’Ambiente) ne abbia indicati due tra i 600 impianti maggiormente inquinanti dell’Unione Europea, e nonostante, fino al decreto Cingolani del 2021, la VIA fosse una procedura obbligatoria per i cementifici”. Ipotizzano così per le autorità preposte il rischio di incorrere in omissione di atti d’ufficio.
Vi sono poi altre criticità, lamentano i comitati, come la caratterizzazione della composizione dei rifiuti che sarebbe stata ritenuta insufficiente dalla Procura di Lecce per Galatina e la presenza di diossina rilevata nel latte materno e di metalli pesanti nella falda e nel suolo per Sesto Campano. In merito alle emissioni, oltre all’indisponibilità in alcuni casi dei dati Arpa, “le forme di monitoraggio risultano in regime di auto-controllo, ma – avvertono – non vi è contestualità tra i dati registrati e la loro pubblicazione, pertanto diventa difficile appurarne la correttezza, tanto più che, in presenza di anomalie, vengono pubblicati solo asterischi”. Per quanto riguarda i dati sanitari, in Puglia, Galatina e altri 15 Comuni limitrofi sono stati classificati dall’ISS come area cluster per neoplasie polmonari. “Nello Studio Protos aggiornato al 2020 – si legge nel dossier – il cementificio viene indicato come una delle principali cause dell’elevato tasso di inquinamento e dei danni sulla salute, in particolare del tumore polmonare”. A Sesto Campano, in Molise, in alcuni campioni di cemento sono stati rilevati uranio e torio. È stata posta attenzione sulla coltivazione di ortaggi e frutta nei pressi del cementificio e nel latte materno sono stati riscontrati elevati quantitativi di diossina.
Gubbio, in Umbria, da anni è tra i Comuni a livello regionale con maggiore incidenza tumorale. Dal biomonitoraggio delle emissioni atmosferiche è emerso un livello di bioaccumulo di metalli pesanti nei licheni. Nel rapporto vengono anche approfonditi i provvedimenti autorizzativi e l’inadeguatezza dei controlli, a cui sono seguite numerose azioni legali. Per questi motivi i comitati chiedono lo stop cautelativo degli impianti laddove continuino a funzionare in assenza di controlli e monitoraggi indipendenti dal gestore; il rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale solo in presenza di Valutazione di Impatto Ambientale e di Valutazione di Impatto Sanitario; l’inibizione dell’uso di Css, combustibile solido secondario, per produrre cemento che invece è stato previsto per l’impianto di Gubbio e, infine, l’attivazione di un tavolo permanente.