Piano Nazionale Energia e Clima (PNIEC 2023) : una sintesi e una precisazione sui rifuti CSS

 

Il 19 Luglio 2023 il Ministero dell’ Ambiente (MASE)  ha inviato alla Commissione Europea il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima per il  2023 (PNIEC 2023, 422 pagine).

  • La prima parte di questo articolo e’ un SOMMARIO: contiene tre brevi osservazioni generali, tratte anche da commenti di  autori qualficati (le fonti esterne sono citate nelle note, le citazioni del PNIEC riportano la pagina tra parentesi).
  • La seconda parte di questo articolo, APPROFONDIMENTO, contiene alcune precisazioni su come il PNIEC 2023 affronta il tema dei  rifiuti CSS  per la produzione di energia.

 

SOMMARIO

 

  1. LA DISTANZA TRA OBIETTIVI FISSATI DALL’ EUROPA E REALTA’ ITALIANA AUMENTA ANZICHE’  DIMINUIRE

Il PNIEC 2023 e’ un aggiornamento del PNIEC 2019. L’ aggiornamento e’ quasi sempre in peggio, nel senso che gli obiettivi fissati nel 2019 erano “tropo ottimisiti” e sono stati corretti al ribasso. Per esempio:

 

  • al 2030 la penetrazione delle fonti rinnovabili a politiche vigenti assume un valore del 27%, contro un obiettivo del PNIEC 2019 del 30%;
  • il consumo finale a politiche vigenti assume un valore di 109 Mtep (Megatonnellate di petrolio equivalente) , contro un obiettivo del PNIEC 2019 di 104 Mtep;
  • la riduzione delle emissioni nel settore non industriale (non- ETS[1]) a politiche vigenti assume un valore di 28,6%, contro un obiettivo del PNIEC 2019 del 33%. 

Per maggior chiarezza: con le attuali politiche la penetrazione delle fonti rinnovabili assumerebbe un valore del 27% (contro un obiettivo 2019 del 30% ), il consumo finale scenderebbe solo a 109 Mtep (5 megatonnellate di petrolio equivalente in piu’ rispetto all’obiettivo del PNIEC 2019), e la riduzione delle emissioni nel 2040 raggiungerebbe il 28,6%, invece del 33% preventivato nel 2019.

Se confrontati con gli obiettivi declinati nel PNIEC 2019 – si legge nel documento – tali valori hanno messo in luce delle distanze rispetto agli obiettivi che ci si prefiggeva di raggiungere (PINEC 2023 p. 7)

 

Al contrario, il  Regolamento Effort Sharing, recentemente aggiornato dalla EU, ha fissato obiettivi per l’Italia ancor più stingenti. Per esempio nel caso della riduzione di emissioni di gas a effetto serra, le norme europee aggiornate   prevedono che le emissioni dei settori non ETS [2](abitazioni civili, automobili, agricoltura,  (trasporti, residenziale, terziario, industria non ricadente nel settore ETS, i rifiuti, l’agricoltura) si riducano entro il 2030 del 43.7% rispetto ai livelli del 2005, (PNIEC p 9), mentre nel 2019 la riduzione di emissioni prevista dalla EU per l’ Italia era del 40 %.

 

Dunque nel 2023  il piano del governo italiano prevede di procedere piu’ lentamente che nel 2019, mentre l’ Unione Europea ci chiede di accelerare la transizione.

 

2. MANCANO STRUMENTI ATTUATIVI

Secondo il sito web di  ECCO[3] Il Piano presenta importanti limiti di sostanza  e di  organizzazione:

  1. non offre un coerente percorso di uscita dai combustibili fossili – in particolare per il gas -, e in linea con l’obiettivo di neutralità climatica al 2050;
  2. non garantisce una percentuale di penetrazione delle rinnovabili nel sistema elettrico che tenga anche conto dell’obiettivo G7 sulla produzione elettrica sostanzialmente decarbonizzata al 2035;
  3. non definisce un quadro di politiche e misure basato su di un’analisi critica dei risultati ottenuti, anche nei settori non ETS. L’approccio di ‘neutralità’ tecnologica non è suffragato da una trasparente valutazione, necessaria per misurare l’efficacia della spesa pubblica.
  4. Il quadro di politiche appare complesso, ridondante e, in diversi casi, contraddittorio rispetto all’obiettivo.
  5. Manca un impianto di governance che renda il Piano uno strumento attuativo ed efficace anche a seguito della sua approvazione. Il percorso di monitoraggio, che trova una sua dimensione, non si ricollega ad un percorso continuo di miglioramento e adeguamento del Piano in costante dialogo con tutti gli attori chiamati alla sua attuazione.

Chiara Di Mambro, Responsabile delle Politiche di Decarbonizzazione di ECCO, precisa:

Il PNIEC 2023 individua e descrive gli organi di governance che dovrebbero agire in modo dinamico e multilivello, con particolare riferimento al monitoraggio del Piano. Si fatica, però, ad indentificare il disegno complessivo di distribuzione delle responsabilità e delle azioni conseguenti il monitoraggio, ovvero la valutazione e l’eventuale modifica.

 

3. Secondo Giorgio Kaldor, giornalista ambientale, MANCANO OPPORTUNITA DI CONFRONTO CON GLI STAKEHOLDERS:

Le consultazioni svolte finora non appaiono sufficienti a garantire un processo partecipativo e un dialogo multilivello che risponda ai requisiti del Regolamento sulla governance dell’Unione, né, alle esigenze attuative del Piano. Non viene chiarito il contributo di enti locali, imprese, organizzazioni e singoli cittadini chiamati all’attuazione del Piano. Contributo che non può esaurirsi con il disegno delle politiche, ma deve interessare anche le fasi di attuazione, monitoraggio, valutazione e la modifica eventuale delle politiche. Infine, bisogna riconoscere la menzione e l’inquadramento del Piano anche rispetto alla Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici e al Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC). Tuttavia, gli obiettivi PNACC appaiono scollegati da quelli del PNIEC. In particolare, per le sinergie tra adattamento e mitigazione delle emissioni.[4]

Il PNIEC2023 sembra scritto per soddisfare l’esigenza di breve periodo: rispondere con un documento alla richiesta della EU. Chi lo ha redatto non pare essersi preoccupato ne’ se ci sia coerenza tra il piano italiano e le direttive Europee, ne’ di come e se il piano potra’ essere eseguito.

Nelle sedici pagine di sintesi introduttiva, gli unici dati citati sono quelli della TABELLA 1 riprodotta qui sotto  (PNIEC 2023 p. 16) . Il resto sono generiche frasi di circostanza prive di sostanza e di punti fermi.

 

 

 

 

NOTE della prima parte:

[1] ETS= centrali elettriche, raffinerie di petrolio, acciaierie, cementifici, cartiere, vetrerie, aviazione civile e alte attivita’ ad alta intensità di energia

[2]Non ETS= settore non industriale: trasporti, residenziale, terziario, rifiuti, agricoltura o industria non ricadente nel settore ETS , quindi esclusi quei settori industriali ad alta intensità energetica, o ETS.

[3] Senior policy advisor on Climate Change and EU ETS – Coordinator of EU ETS implementation task force, coordinatrice di ECCO https://eccoclimate.org/it/

[4] https://www.renewablematter.eu/articoli/article/Nuovo-PNIEC-ombre-luci-MASE-energia-clima

 

APPROFONDIMENTO: ENERGIA E RIFIUTI

 

Alla sezione 5.1 del piano , intitolata  Impatto delle politiche e delle misure previste, la tabella 80 illustra il consumo di energia fino al 2040, suddiviso per fonti. La tabella (qui sotto riprodotta) e’ intressante per piu’ di un motivo.  Tuttavia qui e’ importante notare che fino al 2040 secondo il governo italiano i ‘rifiuti’ continueranno a comparire tra le fonti rinnovabili di energia,  pur essendo separate da un segno + : la tabella 80 infatti indica alla stessa riga rinnovabili + rifiuti.  

Questo e’ un segno positivo (;-) perche’ dimostra che anche al Ministero la facciata del decreto Clini comincia a sgretolarsi, e qualcuno sente il bisogno di apparire meno sfrontato.  Tuttavia, nel 2040 rifiuti e rinnovabili fornirebbero il 43% del consumo interno lordo: non e’ dato sapere quanta di questa energia e’ prevista essere di origine solare o eolica, e quanta il prodotto della combustione di rifiuti, che  il Ministro si ostina a includere tra le  rinnovabili (perche’ rifiuti se ne produce quanti si vuole) pur inquinando peggio del petrolio.

 

 

La successiva tabella 81 toglie ogni dubbio sulla natura di quei rifiuti, in quanto precisa in nota che quel 58 milioni di tonn di petrolio equivalente  di energia prodotta da fonti rinnovabili  Include i biocarburanti per trasporto, il biometano e la quota dei rifiuti non rinnovabili.  

Dunque un documento del Ministero scritto per presentare la politica energetica italiana all’ Europa, chiarisce che almeno fino al 2040 i rifiuti, anche quelli non rinnovabili, sono rinnovabili. Lo capiranno a Bruxelles?

La credibilita’ della tabella non aumenta se anziche’ le note si guardano i numeri. Infatti il piano prevede che nel 2040 la quantita’ di energia prodottada fonti rinnovabili + rifiuti (58,5 milioni di tonnellate di petrolio equivalente)  sara’ superiore alla quantita’ consumata (53,6 Mtep). Secondo il piano, dunque, l’ Italia sara’ un esportatore netto di energia prodotta con rifiuti e rinnovabili. Questo traguardo sara’ raggiunto a balzi portentosi. Il piano prevede che la produzione di energia da fonti rinnovabili aumentera’ di 12 milioni di tonnellate di petrolio equivalente nei cinque anni tra il 2025 e il 2030, ovvero del 32%  rispetto alla produzione del 2025, e del 18% nei dieci anni successivi: Nel prossimo quinquennio dovremo bruciare molti rifiuti: da dove verranno ?

 

 

Un aspetto non secondario nell’ impiego di rifiuti per produrre energia e’ la loro tracciabilita’. Sappiamo che il traffico regionale, intra-europeo, e internazionale e’ intenso e spesso finalizzato appunto a far perdere le tracce di rifiuti pericolosi e particolarmente nocivi. A questo proposito, il 15 giugno 2023  il Governo ha emanato il RETRI, nuovo registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti.

Il decreto legge pubblicato dalla  Gazzetta ufficiale[1]  richiede la progressiva iscrizione dei produttori di rifiuti a un registro telematico, in modo da sostituire le bolle di carico e scarico cartacee con file digitali, ma non comporta alcuna modifica rispetto alla attuale carente tracciabilita’.  Insomma, come al solito si introduce maggiore complessita’ burocratica, ma nessun miglioramento sostanziale.

 

La sezione successiva del PNIEC,  la numero 5.2, e’ dedicata a una previsione dell’ effetto sull’ occupazione della transizione energetica in base alle previsioni riportate alla tabella 80. Il grosso della riduzione di posti di lavoro (meno 3.135 addetti)  e’ previsto nella chiusura delle centrali a carbone dell’ Iglesiente (Sardegna)  e  nella trasformazione della centrale a carbone che alimenta l’acciaieria di Taranto [2]. L’ aumento di occupazione e’ previsto nelle fonti rinnovabili (piu’ 22.052 occupati) al 2030. Dunque la transizione energetica al 2040  contempla un bilancio occupazionale positivo di 19.000 unita’ circa. Il Piano spiega che la Commissione europea ha individuato i territori più duramente colpiti dalla transizione verso un’economia climaticamente neutra in ciascuno Stato membro. Per l’Italia sono state indicate le aree della Provincia di Taranto e del Sulcis Iglesiente.[3]

A quelle due aree sara’ diretto il grosso dei finanziamenti europei per il sostegno sociale.

 

CONCLUSIONE

Il comportamento del governo Italiano di fronte alla necessita’ di ridurre le distanze con gli obiettivi ambientali EUROPEI da qui al 2030 dipendera’ in parte da quale tendenza politica prevarra’ in Europa. Posto che la destra e’ in generale meno ambientalista della sinistra,  la prevalenza di un parlamento europeo a maggioranza populista rendera’ accettabile mantenere un approccio graduale e di facciata. Al contrario, ci si puo’ aspettare che un governo europeo progressista e ambientalista imporra’ qualche revisione del PNIEC 2023.  Per il momento, le iniziative di legge del ministero dell’ Ambiente non consentono di illudersi che improvvisamente  l’Italia cambiera’ rotta.

Miglioramenti sono ancora possibili: la versione definitiva del piano e’ dovuta nel giugno 2024.

 

 

NOTE della seconda parte:

 

[1] https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2023/05/31/23G00065/sg

[2] https://www.agenziacoesione.gov.it/wp-content/uploads/2022/06/Allegato-D-2020-1.pdf allegato D.

Secondo il PNIEC (p.403) Attualmente, in Italia risultano in esercizio sei centrali termoelettriche a carbone:

‐ Centrale di Fiumesanto (SS): 2 unità con potenza elettrica lorda complessiva di 640 MW.

‐ Centrale di Monfalcone (GO): 2 unità con potenza elettrica rispettivamente di 165 e 171 MW.

‐ Centrale di Torrevaldaliga nord (RM): 3 unità ciascuna con potenza elettrica lorda di 660 MW.

‐ Centrale di Brindisi sud: 3 unità ciascuna con potenza elettrica lorda di 660 MW.

‐ Centrale del Sulcis (CA): 2 unità con potenza elettrica lorda rispettivamente di 280 MW e 210MW.

‐ Centrale di Fusina (VE): 2 unità ciascuna con potenza elettrica lorda di 330 MW.

[3] PNIEC 2023 P. 402 , tabella 87: Tabella 87 : Occupati permanenti per fonte nel 2021 e nel 2030 in seguito all’evoluzione del parco impianti per la produzione di energia elettrica secondo lo scenario PNIEC [Fonte: GSE]