di Raniero Regni

riprodotto da Centealmente del 23 novembre 2024  https://www.centralmente.com/2024/11/24/regni-178/

 

 

Il paesaggio è il grande malato d’Italia. Basta affacciarsi alla finestra…Vedremo il Bel Paese sommerso da inesorabili colate di cemento

S. Settis, Paesaggio costituzione cemento. La battaglia ambientale contro il degrado civile

 

La storia che voglio raccontare ha due protagonisti che non hanno, e non dovrebbero avere, niente in comune: il cemento e la scuola. Vediamo il primo protagonista. Si tratta, insieme all’industria degli idrocarburi, a quella dell’acciaio e alla chimica, dell’asse portante dello sviluppo della seconda rivoluzione industriale e, contemporaneamente, rappresenta un’industria insalubre di prima classe. Così infatti la definisce la nostra giurisprudenza, un’industria pericolosa che dovrebbe essere collocata lontano dai centri abitati ed essere sottoposta a severi controlli sulle emissioni. Nata negli anni venti del XIX secolo, consiste nel cuocere ad alte temperature un minerale, la marna (di cui, purtroppo, è ricca anche la dorsale preappenninica su cui sono state costruite le bellissime cittadine del centro Italia). Cuocere la pietra richiede alte temperature, che venivano e vengono ottenute dapprima con combustibili come il carbone, poi con il petcoke, scarto tossico derivato dalla raffinazione del petrolio, ed oggi anche con combustibili derivati da rifiuti urbani, caratterizzati da una forte presenza di plastica.
Il “partito del cemento”, come lo ha chiamato il grande studioso di archeologia e uno dei massimi storici italiani dell’arte, S. Settis, potente lobby industriale, ha contribuito a devastare il paesaggio italiano, mettendo in pericolo la sua fragilità, mangiando le montagne. Questa è successo ai Colli Euganei, al parco del Casentino o alla bellissima cittadina pugliese di Galatina. Un partito invadente e trasversale che si è avvalso della complicità di politici e amministratori, e di una legislazione pilotata dai grandi interessi economici, che ha portato alla cementificazione del nostro paese, delle sue coste, delle sue campagne, in maniera indiscriminata e devastante. Le nostre magnifiche città e tutti i nostri monumenti antichi sono stati costruiti in passato senza cemento. Oggi, tutto il disordine costruttivo, che caratterizza oramai il nostro paesaggio e ci rende anche per questo un paese spaesato, è stato realizzato invece con il cemento. Un materiale di cui, si ignora la durata, che sicuramente non supera i cento anni. Oltre al fatto che il consumo di suolo e quello di calcestruzzo pro-capite hanno raggiunto i massimi storici, quella del cemento è ormai un’industria in declino, colpita sia dall’aumento dei costi dell’energia e dalla concorrenza internazionale, così come da nuove e meno impattanti soluzioni costruttive.
Nella produzione del cemento viene autorizzato anche quello che viene chiamato, con uno dei tanti eufemismi linguistici “recupero di materia” che permette di inserire, per legge, nella polvere di cemento, un’alta percentuale di sostanze tossiche come le ceneri degli inceneritori, i fanghi di depurazione, le scorie di altre lavorazioni industriali, ed altro. Anche per questo, se una volta i muratori maneggiavano il cemento a mani nude, oggi la sua pericolosità impone sempre l’uso dei guanti.
Bene, fin qui il primo protagonista. Veniamo al secondo, ovvero, la scuola o il sistema educativo. Nato anch’esso contemporaneamente alla seconda rivoluzione industriale, ha rappresentato un potente mezzo di alfabetizzazione e di formazione culturale, fino a quando la società e la cultura stessa hanno imboccato la strada post-industriale. Allora ha cominciato a perdere identità e funzioni, diventando sempre più inefficiente e inefficace. Tutti se ne lamentano e continua a vivere semplicemente perché non abbiamo ancora trovato una sua sostituzione. La scuola appare oggi disorientata, inventando progetti di ogni tipo. Cercando finanziamenti ovunque e immaginandosi vie d’uscita improbabili. Ma, forse, la contraddizione più forte in cui si dibatte l’istituzione scolastica è, come ha scritto uno dei più importanti pedagogisti di oggi, K. Robinson, il fatto che proprio l’istituzione nata per svilupparla sta uccidendo la creatività dei giovani, quella creatività di cui l’umanità ha assolutamente bisogno ai nostri giorni. Il “fordismo scolastico”, come lo chiama sempre Robinson, con la sua produzione in serie di personalità, ignora quello che sappiamo oramai sulla molteplicità delle intelligenze e su come il cervello apprende.
A questo punto accade l’incontro tra la scuola e il cemento. In Umbria, sempre la verde, bellissima, Umbria, un’impresa del cemento ha coinvolto numerosi licei artistici in un progetto che ha come base il rapporto tra cemento e creatività. Nel momento in cui i ragazzi vanno a visitare la galleria dell’arte dell’Umbria o il museo Archeologico di Perugia, o contemplano e studiano dal vivo i mirabili affreschi di Giotto o di Pinturicchio, contemporaneamente sono invitati a vedere un impianto industriale propagandato come sostenibile e sicuro.

La scuola, che dovrebbe difendere lo spirto critico, la libertà, la bellezza e la creatività, si piega a lavorare con una sostanza grigia (il grigio non è infatti un colore, come lo è il nero, ma un anti-colore), responsabile di molte brutture dei nostri tempi, che non è la creta. La scuola converge su interessi che non le sono propri, mentre dovrebbe sviluppare il pensiero divergente, il solo capace della sorpresa produttiva in cui consiste la magia della creatività, che dovrebbe portarci fuori dalle contraddizioni del nostro tempo. La scuola dovrebbe invece essere all’avanguardia nel difendere l’ambiente, la sua salubrità assieme alla bellezza del paesaggio e proteggere le nuove generazioni dall’inquinamento ambientale e culturale.

IN COPERTINA: I licei “Artistici” in visita a un cementificio, (Foto tratta da Facebook – Umbria TV)