INFORMAZIONE
Oggetto: Informativa sulla Tecnologia “Waste-to-Hydrogen” come possibile implementazione per la chiusura del sistema del ciclo dei rifiuti in Umbria, in attuazione della Deliberazione dell’Assemblea Legislativa n. 2 del 16 gennaio 2025
L’Assessore Thomas De Luca ai sensi del vigente Regolamento della Giunta regionale,
propone
alla Giunta regionale la discussione del presente argomento.
- Un Nuovo Paradigma per la Gestione dei Rifiuti in Umbria
La presente informativa viene redatta in ottemperanza al mandato conferito alla Giunta Regionale dalla Deliberazione dell’Assemblea Legislativa dell’Umbria n. 2 del 16 gennaio 2025. Tale atto impegna l’esecutivo a intraprendere con la massima celerità un percorso di revisione del Piano Regionale di Gestione Integrata dei Rifiuti (PRGIR), approvato con D.A.L. n. 360 del 14 novembre 2023. L’indirizzo dell’Assemblea è quello di superare le criticità del piano vigente, valutando “le più efficaci soluzioni alternative alla costruzione di un nuovo termovalorizzatore“, espressione della chiara volontà politica di esplorare percorsi innovativi, sostenibili e maggiormente allineati con gli obiettivi di lungo termine della transizione ecologica.
Affrontare la chiusura del ciclo dei rifiuti non è più soltanto una questione che riguarda la mera fase operativa dello smaltimento, ma piuttosto un’opportunità strategica di sviluppo basata su tre obiettivi:
- evitare ogni ulteriore ampliamento delle discariche;
- escludere l’incenerimento dei rifiuti;
- ridurre i costi e la pressione fiscale su famiglie e imprese.
Aver proseguito su strade ormai superate, come l’incenerimento o la termovalorizzazione, avrebbe significato legare il futuro della nostra Regione a un modello incompatibile con il principio DNSH (Do Not Significant Harm) e con la sfida di riduzione delle emissioni di gas climalteranti, gravato da passività ambientali, economiche e da una decrescente accettabilità sociale. La sfida che ci viene posta è quella di compiere un salto evolutivo verso l’economia circolare.
In quest’ottica, a partire da un’azione di revisione totale e transizione ecologica del sistema regionale basata su:
- DDL quadro sull’economia circolare volto a revisionare la L.R. 13 maggio 2009, n.11 “Norme per la gestione integrata dei rifiuti e la bonifica delle aree inquinate”;
- aggiornamento del Programma regionale di prevenzione dei rifiuti;
- aggiornamento del PRGIR come da DGR n°575/2025 con estensione della raccolta differenziata e di sistemi di tariffazione sul modello benchmark del Consorzio Priula di Treviso;
- elaborazione di un Piano dell’economia circolare volto a definire i fabbisogni di realizzazione di impianti per il massimo recupero di materia e la messa a sistema a servizio del tessuto produttivo e industriale umbro;
- potenziamento degli impianti di trattamento meccanico biologico (TMB) esplorando ogni tecnologia per ulteriore recupero di materia dalla frazione residuale come la tecnologia impiantistica di Este (PD), Consorzio Padova sud.
La Regione, a valle di tale riforma strutturale, in un paradigma di piena circolarità, intende ricercare una soluzione alternativa alle discariche.
Soluzione non certo da ricercare in un termovalorizzatore che avrebbe previsto, come da PRGIR, un fabbisogno di smaltimento in discarica di 60 mila tonnellate annue accorciando la capacità residua a poco oltre il 2030.
In questo quadro si inserisce la tecnologia del cosiddetto Waste-to-Hydrogen (WtH2) non come semplice alternativa alla valorizzazione energetica, ma come tecnologia per ottenere il massimo recupero di materia anche dall’ultima frazione. Questo approccio trasforma la criticità del flusso di rifiuti in discarica, da problema a risorsa strategica, convertendolo in idrogeno circolare: un vettore energetico pulito, a basso contenuto di carbonio, fondamentale per la decarbonizzazione dei settori più strategici della nostra economia regionale. Adottare questa visione significa posizionare l’Umbria all’avanguardia nazionale nella transizione ecologica e nella nascente economia dell’idrogeno, generando valore ambientale, economico e occupazionale per la comunità regionale.
- La Tecnologia Waste-to-Hydrogen: Descrizione Tecnica e Funzionamento
La produzione di idrogeno da rifiuti si basa su processi termochimici avanzati che, a differenza della combustione diretta (incenerimento), non bruciano il rifiuto ma lo scompongono chimicamente per estrarne materia.
Un processo che converte i rifiuti non riciclabili contenenti carbonio e idrogeno in prodotti ad alto valore aggiunto come idrogeno, metanolo, etanolo e Sustainable Aviation Fuel (SAF).
Tra i prodotti finali troviamo si può annoverare anche il granulato inerte e vetrificato derivante dalla frazione minerale dei rifiuti, adatto per l’industria edile, ad esempio nella produzione di cemento e mattoni. Viene prodotta anche CO₂ liquefatta, che può essere stoccata e messa sul mercato.
I vantaggi economici e ambientali di questo sistema sono molteplici. In primo luogo il pressoché completo recupero di materia. Un sistema circolare diametralmente alternativo allo smaltimento in discarica, sia esso diretto o sotto forma di ceneri e scorie a valle dell’incenerimento in un termovalorizzatore.
Economicamente, la produzione di componenti chimici ad alto valore aggiunto garantisce ricavi superiori rispetto alle tradizionali tariffe di smaltimento rifiuti che andrebbero a beneficio della collettività. Sul fronte ambientale, la cattura della CO₂ non solo riduce la carbon tax, ma permette anche l’emissione di crediti ETS. Gli impianti waste-to-chemical, infatti, emettono meno del 50% della CO₂ rispetto a un termovalorizzatore. Uno studio condotto per la Regione Liguria ha inoltre evidenziato una significativa riduzione delle emissioni di CO₂ equivalente e di altri inquinanti rispetto sia ai termovalorizzatori che alle discariche.
Flessibilità delle Materie Prime (Feedstock)
Uno dei maggiori vantaggi di questa tecnologia è la sua capacità di trattare un’ampia e variegata gamma di rifiuti, anche eterogenei, che rappresentano la frazione non recuperabile a valle della raccolta differenziata. Tra i materiali idonei figurano:
- Rifiuto Urbano Residuo (RUR) o Indifferenziato;
- Combustibile Solido Secondario (CSS);
- Plastiche miste non riciclabili (plasmix);
- Pneumatici Fuori Uso (PFU);
- Fanghi di depurazione civili e industriali, previo essiccamento;
- Biomasse residuali di varia natura (agricole, forestali).
Questa flessibilità rende il processo resiliente alle variazioni nella composizione dei rifiuti e garantisce una soluzione definitiva per la chiusura del ciclo, in linea con il principio di autosufficienza.
- Analisi Comparativa e Vantaggi Ambientali Strategici
La comparazione tra un impianto Waste-to-Hydrogen e un termovalorizzatore non è una mera preferenza tecnologica, ma una scelta per candidare l’Umbria ad essere la prima regione a chiudere il ciclo senza discariche e inceneritori, attuando la transizione ecologica verso il riciclo totale.
Diverse analisi comparative[1] mostrano una netta superiorità del Waste-to-Hydrogen, che non si limita a filtrare meglio gli inquinanti, ma ne previene la formazione alla radice grazie a un processo chimico intrinsecamente più pulito.
Il timore più grande legato ai termovalorizzatori è la possibile formazione di diossine e furani, sostanze altamente tossiche e cancerogene. Queste si generano tipicamente nei processi di combustione a determinate temperature. Il processo Waste-to-Hydrogen non prevedendo una combustione del rifiuto elimina il rischio alla fonte, anziché doverlo gestire a valle con complessi sistemi di controllo.
Un altro fronte critico è quello degli ossidi di azoto (NOx), tra i principali responsabili del particolato. Nei termovalorizzatori, gli NOx si formano in abbondanza a causa delle alte temperature e della grande quantità di aria utilizzata per la combustione. Il processo, Waste-to-Hydrogen, al contrario, opera in un ambiente con ossigeno controllato (riducente). Questa condizione fa sì che gran parte dell’azoto contenuto nei rifiuti venga convertito in innocuo azoto molecolare (N2), mentre le temperature più controllate limitano drasticamente la formazione di NOx termici.
Infine, per quanto riguarda il particolato e i metalli pesanti, la differenza è fondamentale. Nell’incenerimento, queste sostanze inquinanti vengono trascinate nei fumi e devono essere catturate a valle con sistemi di filtrazione. Il processo Waste-to-Hydrogen inverte questo approccio: gli inquinanti vengono separati e rimossi durante la fase di pulizia dei gas, ovvero prima di qualsiasi utilizzo finale. Trattare un volume di gas di sintesi più piccolo e controllato è tecnologicamente molto più efficiente che tentare di depurare un flusso enorme e turbolento di fumi di combustione. Questo garantisce una rimozione più efficace e un controllo superiore, impedendo la dispersione di polveri sottili e metalli pesanti in atmosfera.
In sintesi la letteratura scientifica concorda sul fatto che la tecnologia Waste-to-Chemical offre un potenziale superiore in termini di efficienza, flessibilità e impatto ambientale.[2]
Gestione dei Residui Solidi: Un Cambio di Paradigma
La differenza più radicale tra le due tecnologie risiede nella natura dei residui solidi prodotti.
- Incenerimento: Genera due flussi distinti di ceneri. Le ceneri pesanti (bottom ash), che costituiscono la maggior parte del residuo, e le ceneri volanti (fly ash), raccolte dai sistemi di filtrazione dei fumi. Queste ultime sono classificate come rifiuto speciale pericoloso a causa dell’alta concentrazione di metalli pesanti e altri inquinanti. Richiedono quindi un costoso trattamento di inertizzazione e un conferimento in discariche dedicate, rappresentando un onere economico e ambientale perpetuo.
- Waste-to-Hydrogen: Produce un unico residuo solido: una scoria vetrificata simile a una roccia vulcanica. Le temperature estreme fondono completamente la frazione inorganica, inglobando stabilmente i metalli pesanti in una matrice vetrosa non lisciviabile. Questo materiale non solo è inerte e sicuro, ma può essere commercializzato come materia prima seconda per l’impiego nell’edilizia o nell’industria cementiera come sabbia, alternativa alle ceneri volanti delle centrali termoelettriche, all’approvvigionamento trasformando un costo di smaltimento in una fonte di ricavo e realizzando un perfetto esempio di economia circolare.[3]
Valutazione del Ciclo di Vita (LCA) e Impronta di Carbonio
Studi scientifici basati sulla Valutazione del Ciclo di Vita (LCA) confermano che il profilo climatico della produzione di idrogeno da rifiuti è nettamente superiore a quello dell’incenerimento. Un’analisi comparativa di grande rilievo dimostra che, mentre l’incenerimento dei rifiuti ha un’impronta di carbonio positiva, la produzione di Bio-Idrogeno da rifiuti, se abbinata alla cattura e stoccaggio della CO2 (CCS), può diventare un processo a emissioni nette negative.[4]
Questo risultato rivoluzionario è possibile perché questo processo concentra l’anidride carbonica in un flusso gassoso pulito, da cui può essere facilmente separata e stoccata geologicamente. Poiché una frazione significativa dei rifiuti urbani (carta, cartone, scarti alimentari, legno) è di origine biogenica, la cattura della CO2 derivante da questa frazione equivale a una rimozione netta di anidride carbonica dall’atmosfera. Un inceneritore, per sua natura, non può che rilasciare in atmosfera tutta la CO2, sia fossile che biogenica.
Questo sposta il dibattito da quale tecnologia inquini meno a quale tecnologia possa contribuire attivamente alla decarbonizzazione e al raggiungimento degli obiettivi climatici, una capacità che l’incenerimento o la termovalorizzazione non possiedono.
- Stato dell’Arte: Applicazioni e Progetti di Riferimento
La tecnologia Waste-to-Hydrogen non è più una promessa sperimentale, ma una soluzione industriale matura, supportata da grandi player ingegneristici e co-finanziata da ambiziosi programmi europei. L’Italia, in particolare, si sta posizionando come leader in questo settore con progetti faro che possono servire da modello per l’Umbria.
Il progetto più significativo e rilevante a livello nazionale è senza dubbio l’Hydrogen Valley di Roma. Questo impianto rappresenta un blueprint industriale per la sua scala, la tecnologia impiegata e il modello di finanziamento.
L’impianto, la cui attivazione è prevista per la prima metà del 2027, è progettato per trattare annualmente 200.000 tonnellate di rifiuti solidi non riciclabili, come CSS-Combustibile e plasmix. Inizialmente, si prevede la produzione di 1.500 tonnellate di idrogeno e 55.000 tonnellate di etanolo all’anno. Tuttavia, la capacità di produzione di idrogeno potrà essere aumentata fino a 20.000 tonnellate all’anno, a seconda della domanda di mercato. Il progetto ha ricevuto un significativo finanziamento strategico, un contributo a fondo perduto di 194 milioni di euro, nell’ambito del programma europeo IPCEI Hy2Use (Importante Progetto di Comune Interesse Europeo). A conferma della robustezza tecnologica e dell’impegno nell’innovazione continua, il progetto beneficia della collaborazione di importanti partner scientifici. Tra questi spiccano ENEA, la Fondazione Bruno Kessler e l’Università La Sapienza di Roma.
La presenza di altri progetti in fase di sviluppo, come quello di Empoli per la produzione di metanolo e idrogeno da rifiuti e lo studio di fattibilità per un impianto simile a Gela, dimostra che l’approccio Waste-to-Chemicals/Hydrogen è un trend consolidato e in espansione in Italia.
Tra gli altri progetti in Italia, si segnala il polo di Sannazzaro de’ Burgondi (PV) per la produzione di metanolo e idrogeno circolari da 200.000 tonnellate all’anno di scarti. Inoltre, è in corso uno studio di fattibilità a Civitavecchia (RM) per un impianto volto alla produzione di metanolo e idrogeno circolari da 295.000 tonnellate all’anno di scarti, integrato con un elettrolizzatore per la produzione di idrogeno dall’acqua. Infine, nelle Marche, è stata presentata una partecipazione a un bando di gara per un impianto analogo a quello di Sannazzaro, con una capacità di produzione di metanolo e idrogeno da 220.000 tonnellate all’anno di scarti.
A livello internazionale, la tecnologia “Waste to Hydrogen” sta guadagnando terreno come soluzione strategica per affrontare la duplice sfida dei rifiuti e della decarbonizzazione. In Germania, ad esempio, sono attivi diversi progetti, tra cui un impianto a Wuppertal che produce idrogeno tramite elettrolisi dai rifiuti per alimentare una flotta di autobus a celle a combustibile, con l’obiettivo di coprire metà della flotta entro il 2025. Un altro progetto tedesco, TO-SYN-FUEL, finanziato dal programma Horizon 2020 e coordinato dal Fraunhofer Institute, ha dimostrato la conversione di fanghi di depurazione essiccati in biocarburanti e idrogeno verde.
I Paesi Bassi ospitano un ecosistema di progetti sull’idrogeno molto avanzato. Tra questi spiccano un progetto ad Amsterdam per estrarre idrogeno e CO2 dai rifiuti in legno e il progetto GZI NEXT a Emmen, che prevede la riconversione di un sito industriale esistente per la produzione di idrogeno.
Sebbene i primi impianti su scala commerciale, sviluppati decenni fa, abbiano incontrato difficoltà tecniche e finanziarie, le tecnologie di nuova generazione e i processi integrati di pulizia del gas, hanno superato molte di queste sfide. Ciò è dimostrato dai nuovi progetti in fase di sviluppo in California, Giappone e Canada.
L’esperienza accumulata e i successi dei progetti più recenti, in particolare quello di Roma, mitigano significativamente il rischio tecnologico e dimostrano che la tecnologia WtH2 è pronta per un’adozione su larga scala.
- Analisi di Fattibilità per l’Implementazione in Umbria: Un’Opportunità Unica
La realizzazione di un impianto Waste-to-Hydrogen in Umbria, a valle di una riforma volta a perseguire la transizione ecologica del ciclo regionale dei rifiuti e fermo restando quanto in premessa, non solo risolverebbe in modo definitivo e sostenibile il problema della chiusura del ciclo dei rifiuti, ma agirebbe da catalizzatore per la creazione di una filiera regionale dell’idrogeno, con ricadute strategiche per il trasporto, l’industria e l’occupazione.
L’analisi dei flussi di rifiuti regionali conferma la piena coerenza di un impianto WtH2 con le esigenze dell’Umbria.
Secondo i dati ufficiali certificati da ARPA Umbria per l’anno 2024, la produzione totale di Rifiuti Urbani non Differenziati (RND), che include l’indifferenziato e gli scarti non recuperabili, ammonta a 139.557 tonnellate.
Il PRGIR approvato nel 2023, per garantire la chiusura del ciclo, prevedeva la realizzazione di un impianto di incenerimento con una capacità di trattamento di 160.000 tonnellate/anno, destinato a gestire il RUR, gli scarti provenienti dagli impianti di selezione della raccolta differenziata, i fanghi di depurazione e altri rifiuti speciali assimilabili.
Con la DGR n°575 del 2025 “Avvio della procedura di revisione del PRGIR. Istituzione gruppo di lavoro. Primi indirizzi e obiettivi generali.” la Giunta ha definito come obiettivo al 2030 quello di una produzione pro-capite allineata all’ex sub-ambito 4 di 100 kg/ab/anno. Una proiezione che vedrebbe circa 80-90 mila tonnellate di RUR. A valle di un’implementazione degli impianti di trattamento meccanico biologico (TMB) volta a recuperare ulteriormente materia è ipotizzabile un ulteriore riduzione del 30-50% di tale flusso, prendendo a riferimento il modello impiantistico di Este (PD), Consorzio Padova sud. A questi dobbiamo aggiungere un flusso di scarto dalla raccolta differenziata ipotizzabile in 15-50 mila tonnellate.
Altra partita è quella dei rifiuti speciali del tessuto economico umbro e quella dei fanghi di depurazione oggi solo parzialmente gestita all’interno del territorio regionale.
Questi numeri dimostrano che un impianto WtH2 con una capacità nominale compresa tra 150.000 e 200.000 tonnellate/anno sarebbe perfettamente dimensionato per soddisfare il fabbisogno regionale, non solo di rifiuti urbani ma anche di quelli speciali. Tale impianto garantirebbe il raggiungimento del principio di autosufficienza regionale nel trattamento, come richiesto dal PRGIR, e consentirebbe di rispettare l’obiettivo europeo di conferire in discarica meno del 10% dei rifiuti urbani entro il 2035.
Creazione di una Filiera Regionale dell’Idrogeno: Vantaggi Strategici
Un progetto di questo tipo permette di guardare oltre la semplice produzione di energia. Invece di immettere elettricità in un mercato già consolidato, avremmo l’opportunità di creare un bene molto più strategico e versatile come l’idrogeno, la cui domanda è in forte crescita proprio qui, sul nostro territorio.
Si aprono scenari concreti e di grande valore. Pensiamo alla mobilità di tutti i giorni: l’idrogeno prodotto in Umbria potrebbe alimentare i nostri mezzi di trasporto pubblico, come autobus e treni, rendendoli a zero emissioni. Questo significherebbe migliorare la qualità dell’aria che respiriamo nelle nostre città e ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, seguendo l’esempio di altre realtà italiane che si stanno già muovendo con successo in questa direzione.
Allo stesso tempo, si presenta un’occasione irripetibile per supportare le grandi industrie del territorio, quelle che rappresentano il cuore pulsante dell’economia regionale. Queste aziende stanno affrontando la grande sfida di trasformare i loro processi produttivi per diventare più sostenibili. Fornire idrogeno pulito, a “chilometro zero”, creerebbe una collaborazione unica, sostenendo la competitività e il posizionamento come leader nella transizione energetica a livello internazionale.
Infine, un’iniziativa del genere porterebbe benefici a cascata su tutta l’economia locale. La costruzione e la gestione di un impianto così innovativo, insieme a tutte le attività collegate, creerebbe nuovi posti di lavoro qualificati e stabili. Diventare un polo per la produzione di energia pulita, inoltre, renderebbe la regione un luogo più attraente per futuri investimenti, consolidando l’immagine di un’Umbria all’avanguardia, capace di coniugare sviluppo e sostenibilità.
Opportunità di Finanziamento e Sostenibilità Economica
La scelta della tecnologia WtH2 non è solo ambientalmente e strategicamente superiore, ma è anche quella finanziariamente più sostenibile, in quanto perfettamente allineata con le priorità di investimento definite a livello nazionale ed europeo. Tentare di finanziare un inceneritore oggi significherebbe percorrere una strada in salita, contraria alle direttive politiche e probabilmente esclusa dai principali canali di finanziamento agevolato.
Il potenziale di sviluppo della tecnologia waste to hydrogen è ulteriormente accreditato dall’attenzione e dai cospicui finanziamenti che il Governo ha destinato, anche attraverso il PNRR, a progetti volti alla transizione ecologica e allo sviluppo dell’idrogeno con la Missione 2 “Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica” che rivela un indirizzo politico-finanziario netto. Ad esempio nella Missione M2C1 – Economia Circolare, l’Investimento 1.1, dedicato alla “Realizzazione di nuovi impianti di gestione rifiuti”, vengono esclusi esplicitamente dal finanziamento progetti relativi a discariche e inceneritori. Questa scelta del legislatore nazionale è un segnale inequivocabile.
Oltre ai fondi del PNRR ai quali non sarà più possibile accedere, un progetto Waste-to-Hydrogen in Umbria potrebbe comunque accedere a importanti strumenti di finanziamento europei. L’Innovation Fund, uno dei maggiori programmi mondiali, supporta progetti dimostrativi a basse emissioni di carbonio. Gli IPCEI (Important Projects of Common European Interest) offrono un sostegno massiccio per iniziative strategiche di grande scala, come dimostrato dal successo di un progetto simile a Roma; un progetto umbro, se legato a settori chiave come l’acciaio verde, avrebbe le carte in regola per candidarsi. Infine, la Clean Hydrogen Partnership finanzia ricerca, sviluppo e implementazione lungo tutta la catena del valore dell’idrogeno.
Per la realizzazione di un’opera così complessa, lo strumento del Partenariato Pubblico-Privato, nella forma del project financing, potrebbe essere una soluzione da valutare. Questo modello consente di attrarre capitali, competenze tecnologiche e capacità gestionali da operatori privati specializzati, riducendo l’esposizione finanziaria diretta della Regione e garantendo al contempo il perseguimento dell’interesse pubblico. La procedura, che si avvia con un avviso pubblico per la manifestazione di interesse, permette di valutare le migliori proposte tecniche ed economiche provenienti dal mercato.
- Proposta Operativa e Impegno per la Giunta Regionale
Alla luce di una prima analisi tecnica, ambientale, strategica e finanziaria, emerge con chiarezza che la tecnologia Waste-to-Hydrogen rappresenta non solo una valida alternativa all’incenerimento, ma una scelta superiore sotto ogni profilo, in grado di proiettare l’Umbria verso un futuro di sostenibilità e innovazione. Per tradurre questa visione in un’azione concreta, è necessario adottare un percorso operativo chiaro e celere.
Il primo passo formale e indispensabile potrebbe essere l’avvio di uno Studio di Fattibilità Tecnico-Economica (SFTE), come previsto dalla normativa per le opere pubbliche e i progetti di partenariato.
La Giunta regionale, d’intesa con l’Autorità Umbra Rifiuti e Idrico (AURI), dovrebbe deliberare l’emanazione di un avviso pubblico per sollecitare la presentazione di proposte per la redazione di tale studio. I contenuti minimi dello SFTE dovrebbero pertanto includere:
- Analisi del Contesto e dei Fabbisogni: Dati aggiornati e proiezioni sui flussi di rifiuti regionali da trattare per garantire l’autosufficienza.
- Analisi Tecnologica Comparativa: Valutazione delle diverse configurazioni di impianto e delle tecnologie di purificazione dell’idrogeno, con indicazione di performance e affidabilità.
- Analisi Preliminare di Localizzazione: Individuazione di aree potenzialmente idonee sul territorio regionale, sulla base di criteri logistici, infrastrutturali, ambientali e di prossimità ai potenziali utilizzatori finali dell’idrogeno (es. TPL, poli industriali).
- Analisi Ambientale Preliminare e LCA: Stima degli impatti ambientali e dei benefici, inclusa un’analisi comparativa del ciclo di vita (LCA) rispetto allo scenario di incenerimento e allo status quo.
- Piano Economico-Finanziario (PEF) Preliminare: Stima dei costi di investimento (CAPEX) e di esercizio (OPEX), analisi delle potenziali fonti di ricavo (vendita di idrogeno, elettricità, calore, materie prime seconde; tariffa di conferimento) e valutazione della bancabilità del progetto, con particolare riferimento a modelli di Partenariato Pubblico-Privato.
- Analisi Giuridico-Amministrativa: Definizione del quadro normativo di riferimento e dell’iter autorizzativo.
Parallelamente all’iter amministrativo, è fondamentale avviare un percorso partecipativo. Sviluppando un protocollo d’intesa con l’Università di Perugia sulle potenzialità dell’idrogeno in Umbria, pensandola complessivamente come un’intera hydrogen valley.
In tal senso sarebbe auspicabile l’istituzione di un Tavolo Tecnico Regionale sull’Idrogeno, con il compito di aggregare e mettere a sistema tutti gli attori chiave della futura filiera: AURI, il mondo accademico (Università degli Studi di Perugia), i centri di ricerca nazionali (come ENEA, già partner del progetto di Roma), il tessuto industriale e gli operatori del trasporto pubblico.
[1] Waste management cycle emission projections: Liguria region case study – Task force on emission inventories &projections (TFEIP) – Expert Panel on Projections May 2022 – Trozzi, Carlo
[2] Garcia-Gutierrez, P., Amadei, A.M., Klenert, D., Nessi, S., Tonini, D., Tosches, D., Ardente, F. and Saveyn, H., Environmental and economic assessment of plastic waste recycling, EUR 31423 EN, Publications Office of the European Union, Luxembourg, 2023, ISBN 978-92-76-99528-9, doi:10.2760/0472, JRC132067
[3] L. Rochowski et al. (2023). Analysis of the Properties of Slag from the Plasma Treatment of Municipal Solid Waste for Use in Concrete. Pubblicato su MDPI Materials.
[4] S. K. Fan, I. S. H. Lee, C. T. H. Ching (2023). The Environmental Performance of Mixed Plastic Waste Gasification with Carbon Capture and Storage to Produce Hydrogen in the U.K. Pubblicato su ACS Sustainable Chemistry & Engineering.
